Il caro Sor Giovanni Rettore, il mio grande iniziatore all'arte esoterica, è nato a Melito di Napoli, il 5/5/1930.
In gioventù sentì fortemente dentro di sé una forza non proprio fisica, per cui gli capitavano manifestazioni strane, che lo resero cosciente del suo dono. In genere, il fenomeno più frequente era quello, guardando una persona, di saperne immediatamente il destino, che vedeva scorrere come in un filmato. Le prime volte che gli capitò, era giovanissimo. Pensò a qualche ispirazione insolita emanata dal pantheon di qualche santo napoletano, ma quando le visioni si manifestarono più potentemente, dovette arrendersi all'evidenza di essere dotato di poteri paranormali.

Il Sor Giovanni non aveva ricevuto una grande istruzione, provenendo da umile gente di campagna. Cercò di leggere qualcosa che spiegasse quei suoi "problemi", ma non trovò niente. Si affiancò a quello che era considerato lo stregone del paese, il quale molta potenza aveva ricevuta dal demonio. Il ragazzo di Melito apprese da lui come usare i suoi poteri, e il mago nero fu felice di presentarlo al Demonio.
Giovanni fece il così detto Patto con il Diavolo, per ottenere potenza e sottomettere una schiera di demoni. Cominciò così ad operare, facendo ogni tipo di magia nera, colpendo chiunque gli avessero indicato e pretendendo grossi compensi. Ne fece veramente di tutti i colori, vivendo sempre in uno stato di angoscia latente, dato il suo naturale istinto buono, deviato dallo sfortunato incontro con il Negromante.
Io ebbi sicuramente più fortuna nell'incontrare i miei maestri.

Un giorno, nel suo peregrinare di paese in paese, fu avvicinato da un Vescovo molto pio, che gli chiese di poter conversare con lui, avendo sentito ogni nefandezza sul suo conto. Il Sor Giovanni si sentì subito disturbato dalla richiesta, dopo, per le esortazioni insistenti del monsignore, accettò. Il Vescovo cercò di captare attraverso la sua viva voce la verità di ciò che si diceva su di lui. Il mago invece cercava di nasconderla, e con racconti buoni provava a muovere a compassione il suo interlocutore. Dopo aver tanto parlato, il vescovo riuscì a far germogliare in lui il seme del pentimento, tanto da indurlo a ripudiare il male, che aveva fino ad allora usato per i suoi scopi.
Il monsignore lo ospitò per qualche tempo, per insegnargli i veri dettami della legge divina, ed essendo lui stesso un illuminato sulle arti della Teurgia, gli insegnò vari metodi per tramutare la sua potenza in aiuto per il prossimo. Una volta erudito sulla magia bianca, il Maestro-Vescovo gli comunicò: "Tu mi sei stato affidato dal Signore per redimerti. Il Padre Celeste ti aveva dato un grande carisma, che il Demonio aveva deviato per i suoi loschi scopi. Ora il Signore ha sanato quella piaga, dandoti di nuovo la possibilità di servirlo con il Bene. Il Creatore ha apprezzato moltissimo le tue pratiche religiose qui, comprendendo appieno la tua autentica fede, ma, per cancellare definitivamente il peccato che hai nei suoi confronti, dovrai affrontare stenti e avversità, affinché queste per te siano il fuoco purificatore. Ed ora va!".
Il Vescovo non gli esternò però il suo dolore per doversi staccare dall'unico discepolo che il Signore gli aveva donato. Tanto era, infatti, l'affiatamento che avevano raggiunto da battersi insieme per la causa di Dio contro l'odiato Maligno.

Da lì cominciò il pellegrinaggio del mago, che girò veramente per tutta la penisola. E a quei tempi non era c'erto facile! Ovunque sostò, trovò il modo di aiutare qualcuno. Un giorno venne chiamato da una famiglia, perché era convinta di avere degli spiriti maligni nella propria casa, che davano fastidio al loro bambino, spaventandolo e molestandolo in ogni maniera. La Mamma del fanciullo aggiunse che, ogni volta che uscivano dalla loro casa-fattoria, anche per un minuto, al ritorno trovavano un disordine apocalittico, e, per di più, tutti i mobili cambiati di posto. La cosa più strana ed inspiegabile era che i mobili, di legno massiccio, pesantissimi, mai in tanti anni erano stati spostati, e ora, invece, si trovavano "in giro" per casa anche più volte al giorno. Il Mago Giovanni affermò subito che si trattava di uno spirito che non trovava pace. Andò immediatamente nella casa e chiese di restare solo, perché voleva evocare questo spirito, per sapere quali fossero i suoi interessi lì, quindi esorcizzarlo e mandarlo in pace. Tracciò il Cerchio Magico con del carbone di salice, disegnando al centro la stella di Salomone e accendendo una candela bianca ad ognuna delle sue cinque punte. Bruciando incenso ed erbe che lui stesso il giorno prima aveva colte e caricate, infine pronunciò la formula dell'evocazione. Ad un tratto tutti i mobili cominciarono a muoversi nella stanza da letto, dove lui si trovava e si udirono rumori violentissimi e assordanti. All'improvviso tutto si placò e, subito dopo, vide distesa sul letto la figura di un bambino sugli otto anni. Evanescente, con brillanti occhi furbi, chiese al mago: "Io ho bisogno della loro attenzione (riferendosi ai proprietari della casa), affinché, impauriti, preghino per me, perché possa essere accolto nel Regno Celeste. Io sono uno spirito impuro, ucciso in questo luogo ne11789, dal mio babbo e, finché non mi daranno pace, dovrò sempre vagare qui". Giovanni allora gli disse che con il suo rituale di purificazione e di esorcismo gli avrebbe reso la pace tanto agognata. Concluso il rito, si sentì un gran boato ed un asfissiante profumo di garofani, quasi sconosciuti lì a quei tempi. La famiglia gli fu immensamente grata del benessere e della pace ritrovati. Decisero addirittura, di ospitarlo finché avesse voluto.

Si avvicinava il tempo del ritorno alla sua terra, anche se il nostro mago non ne era al corrente ancora. Cominciava a sentire il peso di tanto girovagare, ma non sapeva neanche dove soffermarsi, se fosse ritornato a Melito. Decise comunque di partire, spinto dalla provvidenza. Giunto al suo paese, stranamente trovò il suo caro Vescovo trasferito in quella diocesi. Dopo i baci e gli abbracci il prelato gli comunicò che il Signore, per il suo ritorno, gli aveva riservato una piccolissima casa con un terreno, dove avrebbe potuto ricostruire la sua vita, presso il suo amato campanile. Era un dono che il buon Dio gli aveva fatto pervenire attraverso il lascito di alcuni tra i suoi primi beneficiati, che in punto di morte si erano ricordati del bene ricevuto dal mago.

Io e i miei familiari avemmo spesso la fortuna di trascorrere delle giornate con lui e i suoi. Stringemmo una profonda amicizia con loro, rinsaldata dal fatto che mia nonna fece da madrina di Cresima alla sua secondogenita Regina. Sono anni ormai che in molte occasioni stiamo insieme, sempre con lo stesso entusiasmo, anche per la spontaneità e la gentilezza, del resto tipica dei napoletani, che saprebbero spartire un chicco di riso tra tutti gli invitati, senza lasciarne scontento nessuno.

Giovanni Rettore