IL NUOVO TESTAMENTO

MATTEO e MARCO

Come abbiamo visto la settimana scorsa sembra che Marco sia stato una delle fonti di Matteo. Per capire come quest'ultimo sia intervenuto, aggiungendo, omettendo o modificando le storie prese in prestito dalla sua fonte, in questa e nelle prossime settimane confronteremo minuziosamente i due Vangeli. Ciò dovrebbe consentirci di capire a quale tipo di elaborazione Matteo abbia sottoposto una delle sue fonti. Alla base di questo approccio Metodologico c'è la convinzione che Matteo sia intervenuto solo là dove voleva che il testo esprimesse qualcosa di diverso da ciò che diceva il dettato originale. Attraverso le differenze tra i due Vangeli - cioè vedendo che cosa Matteo abbia aggiunto, omesso o modificato, dovremmo poter capire che cosa gli premeva mettere in risalto nel suo ritratto di Gesù. L'approccio con cui affronteremo Matteo, ma che potrebbe essere impiegato anche per Luca, è chiamato “critica redazionale”. Data l”importanza dell'esordio nelle biografie greco-romane, cominceremo il nostro studio redazionale di Matteo proprio dall'inizio del libro, esaminandone i primi capitoli in rapporto a Marco. L'importanza degli inizi: Gesù, il messia ebreo a compimento delle Scritture di Israele. Proprio come il predecessore Marco, Matteo comincia il suo Vangelo identificando Gesù come il Cristo. Pertanto dovrà affrontare un compito simile, cioè spiegare come Gesù poteva essere il glorioso e potente messia degli ebrei pur essendo noto per aver subito un'umiliazione pubblica e una morte ignominiosa sulla croce. Lungi dal ritrarsi dalla difficoltà, Matteo lo affronta a testa alta, nel primissimo versetto, mettendo in risalto le credenziali di Gesù come messia: <<il figlio di Davide, il figlio di Abramo». Come i lettori di Matteo sapranno bene, Abramo era ritenuto il padre degli ebrei. E Davide era il loro re più grande, il cui discendente sarebbe dovuto tornare ad assumere quel ruolo, sul trono di Gerusalemme, e regnare su uno Stato sovrano di Israele come unto di Dio. Questo figlio di Davide sarebbe il messia. Quindi, Matteo comincia il proprio Vangelo indicando che Gesù era ebreo (da Abramo) nella linea dei re antichi (da Davide). Si è subito colpiti da un tratto peculiare di questa narrazione: Gesù è raffigurato come un ebreo. Anche nel Vangelo di Marco e raffigurato così, ma qui il risalto è ancora più forte. La narrazione di Matteo dimostrerà che Gesù era il compimento finale delle speranze degli ebrei. La genealogia di Gesù e il messia di identità ebraica di Gesù è confermata da quanto segue. Diversamente da Marco, Matteo presenta una genealogia di Gesù, ricostruendo la sua linea familiare fino a risalire al padre degli ebrei, Abramo in persona. Oggi le genealogie non rappresentano certo una delle letture più popolari fra gli studenti o anche fra i comuni lettori della Bibbia, ma è un elemento importante, questo, per varie ragioni. La genealogia di Matteo è strutturata intorno ad alcune figure-chiave nella storia del popolo di Israele, molte delle quali sono ben note grazie alle storie tramandate nelle Scritture ebraiche (per esempio, Abramo, Isacco, Giacobbe; Davide, Salomone, Roboamo; Acazia, Ezechia, Manasse). Il testo ricostruisce con costanza, diciamo pure con monotonia, padri e figli prima da Abramo (1,z) a re Davide (1,6), poi da Davide alla deportazione in Babilonia (1,11), infine dalla deportazione a Giacobbe, padre di Giuseppe (1,16). A questo punto, però, sorge un problema: la genealogia di Matteo, infatti, giunge fino a Giuseppe, il marito di Maria, la donna da cui è nato Gesù. Ma, secondo Matteo, Giuseppe non e il padre di Gesù; nel suo Vangelo, infatti (diversamente da Marco, che non dice una parola riguardo alla nascita di Gesù), la madre di Gesù e una vergine. Per questa ragione, proprio alla fine della sua genealogia, Matteo è costretto a passare da una discendenza patrilineare (di padre in figlio) a una matrilineare (di madre in figlio): << Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (1,15-16). Che senso aveva ricostruire gli antenati di Gesù fino a Davide e Abramo, quando in realtà non era legato a quella ascendenza? L'unico legame, infatti, sarebbe Giuseppe, un uomo che non era suo padre. In sostanza, la questione e complessa, anche se l'obiettivo di fondo rIsulta abbastanza chiaro. L'evangelista vuole dimostrare che Gesù ha radici ebraiche e, più precisamente, che può legittimamente sostenere di discendere da Davide, com'è necessario che sia per il << figlio di Davide >>, il messia. In sostanza, sebbene a un primo sguardo possa apparire irrilevante, la genealogia aveva il chiaro obiettivo di fare un'affermazione su Gesù: poiché Giuseppe in un certo senso era suo “padre” (adottivo), Gesù era legato tramite lui ai grandi del passato di Israele. Ancor più stupefacente è il versetto 17, che riassume la genealogia lasciando trasparire la reale intenzione dell'autore. C'erano quattordici generazioni tra Abramo e Davide, quattordici tra Davide e la deportazione in Babilonia e quattordici tra la deportazione in Babilonia e il messia, Gesù. Una coincidenza straordinaria! Tra il padre degli ebrei e il loro più grande re sussistevano quattordici generazioni, lo stesso numero che separava il più grande re di Israele e la sua più grande catastrofe (la distruzione del suo popolo per mano dei Babilonesi), e la sua più grande catastrofe e il liberatore finale, il messia. La genealogia sottintende - anzi, dimostra quasi - che l'intera storia di Israele ha seguito il suo corso secondo la provvidenza divina. E che questa storia ha trovato il suo culmine in Gesù. A ogni quattordicesima generazione, nella storia di Israele si e verificato un qualche cataclisma: il loro re più grande, la loro peggiore rovina, e ora la loro salvezza finale. La nascita di Gesù quattordici generazioni dopo la cattività babilonese dimostra che, attraverso di lui, Dio avrebbe compiuto qualcosa di grande, qualcosa che non aveva precedenti per il popolo di Israele. Ma questa sequenza di quattordici-quattordici-quattordici è davvero valida? Non è difficile scoprirlo: quasi due terzi dei nomi che figurano nella genealogia ci sono noti attraverso le Scritture ebraiche, che sono la fonte di Matteo per le generazioni da Abramo alla deportazione in Babilonia. Purtroppo, però, se si mettono a confronto la sequenza dell'evangelista e quella della sua fonte, salta fuori qualche problema. Quello più lampante è al versetto 8, dove si dice che Ioram generò Ozia; sappiamo infatti da 1Cr 3,10-iz clic Ioram non era il padre di Ozia, ma il suo bis-bisnonno. (Leggete il passo, ma ricordatevi che nel Primo libro delle Cronache Ozia è chiamato Azaria, come si può vedere dal confronto tra zRe 14,21 e zCr z6,1.) Perché allora Matteo dice che era suo padre? La risposta dovrebbe apparire ovvia. Se Matteo avesse incluso tutte le generazioni da Ioram a Ozia ( il padre Amazia, il nonno Ioas, il bisnonno Acazia), non avrebbe più potuto sostenere che tra Davide e la deportazione in Babilonia c'erano quattordici generazioni! Avrebbe fatto cadere l'intero assunto secondo cui ogni quattordici generazioni aveva luogo un evento devastante per la storia di Israele. Compromettendo a sua volta l'idea sottintesa: il momento della nascita di Gesù come prova del ruolo speciale che Dio gli aveva affidato nei suoi piani per Israele (C< p. 1z5). Dal punto di vista storico, quindi, la genealogia non può essere corretta. In questa fase, però, più che conoscere la realtà della vita del Gesù storico, è interessante capire in che modo l'evangelista abbia inteso raffigurarlo. Con una genealogia che non trova riscontro nel suo predecessore, Matteo esordisce inserendo Gesù in intima connessione con la storia del popolo di Israele. Anzi, la connessione con Gesù sarà un tema-chiave del Vangelo. Gesù sarà raffigurato senza mezzi termini come il messia di Israele, venuto a realizzare le loro più grandi speranze. Come il Salvatore ebreo mandato dal Dio degli ebrei, osserverà la Legge mosaica e pretenderà che i suoi discepoli facciano altrettanto. Ciò nonostante, sarà osteggiato dai leader degli ebrei, che inciteranno il popolo a rifiutarlo. Ovviamente questo ritratto di Gesù non contraddice quello di Marco; d'altro canto, molte delle storie di quest'ultimo si incontrano anche in Matteo. Il fulcro tuttavia - e di conseguenza il ritratto che emerge di Gesù è diverso. ln Matteo, infatti, l'attenzione va ancor più apertamente alla natura del rapporto fra Gesù e l'ebraismo.

 

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