I Tempi Antichi

Parlare della magia è un oneroso compito, data l'ampiezza propria di questa materia. Per non tediarvi con delle cognizioni prolisse e filosofiche, cercherò di tracciare una piccola storia di essa. La magia accompagna l'uomo probabilmente dai primordi della sua apparizione sulla terra; essa, infatti, ha aiutato, anche se spesso con metodi empirici, a vincere la paura dell'ignoto e specialmente a cercare di mutare delle situazioni spiacevoli a proprio favore, come si può vedere anche dai segni propiziatori tracciati nelle grotte dall'uomo preistorico, segni che intendevano propiziare le imprese di caccia per il sostentamento delle prime "famiglie". Molto spesso in sepolture di uomini preistorici si trovano vari oggetti sconosciuti che fungevano probabilmente da amuleti, di cui non si sa bene l'uso; più comunemente si trovano gli utensili lavorativi del defunto seppelliti insieme come una carta d'identità e di presentazione per l'aldilà. In molti luoghi di sepolture preistoriche, nelle tombe si sono trovati dei piccoli oggetti in pietra raffiguranti probabilmente la Luna, a tutt'oggi considerati degli amuleti per"…un giorno ritornare". La prova più concreta che nell'era preistorica esisteva la figura del mago, si trova nella caverna di Trois Frères, nella Francia meridionale. In questa grotta è raffigurato "lo stregone danzante", come è chiamato; si tratta di una figura di uomo che indossa una pelle di animale con coda e un'orrida maschera dalle grossa corna di cervo. Essa è disegnata a più di tre metri da terra, a raffigurare una divinità, o più probabilmente lo stregone della tribù (Maringer, The gods of preistoric man). Molti studiosi affermano che questo graffito rappresenta un antico sciamano, figura di un mago preistorico che si estendeva dalla Siberia, dove ancora ne esistono, all'Indonesia. Lo sciamano è capace di andare in trance, di predire il futuro e di riuscire a staccarsi dal proprio corpo per fare viaggi astrali. Nella babilonia i Re erano permeati di potere magico; essi dovevano essere scudo per il popolo e rappresentavano il "Talismano" vivente. Dovevano consumare i pasti dietro dei tendaggi, che li proteggessero dai malefici. I loro nomi, come si usava anche nell'antico Egitto, erano incisi dentro anelli, perché si portassero ad uso di protezione. Nel corso delle celebrazioni del nuovo anno, i re di Babilonia erano "umiliati" dal sacerdote del Dio Marduk, protettore della magia, quasi a simboleggiare la loro sottomissione, che garantiva poi al popolo un anno di prosperità e di pace. In Egitto si praticava un rito simile, in cui il mago mimava la creazione ad opera del Dio Ftah, ripetendo le parole dal Dio stesso pronunciate. Il linguaggio e la mimica, infatti, hanno avuto un grandissimo valore nell'esoterismo di tutte le epoche, proprio a voler confermare quella energia che si emana e che si mette in moto pronunciando dei vocaboli particolarmente carichi di vibrazioni; come del resto si fa ancora in Oriente con i vocalizzi dei "Veda", antichi libri sacri Indù. Nella Genesi, il primo libro della Bibbia, il Signore usa la parola per operare la creazione, emanando il suo onnipotente potere con e per mezzo di essa. "E Dio disse - Sia la luce - e luce fu". Nella magia popolare esiste una distinzione importantissima, magia bianca e magia nera.. Questa distinzione è nata nella Mesopotamia, in cui i sacerdoti esortavano le popolazioni a non seguire i consigli di maghi che non seguissero i dettami morali della religione del tempo. Oggi invece si usa distinguere, in buona la Magia Bianca, atta a realizzare prodigi con entità positive e per il bene dell'uomo, e in cattiva la Magia nera che usa rituali cari al demonio per apportare male ai nemici e per conseguire scopi all'apparenza buoni, ma lesivi per il prossimo e con metodi non propriamente ortodossi. Passando a tempi relativamente più recenti si considerano gli egizi come i maghi per eccellenza dell'antichità. Essi oltre ad essere dei grandi matematici, astronomi ed astrologi, erano riusciti ad utilizzare le loro conoscenze per ottenere dei prodigi o, detto più volgarmente, delle magie. Erano maestri nel preparare talismani e nel proteggere le persone dagli spiriti del male; molti dei loro talismani sono ancora assai usati per diversi scopi ancor oggi. Salvo per un papiro di circa XXVIII secoli fa, conservato al British Museum di Londra, gli altri testi importanti sono andati perduti; nel suddetto rotolo sono illustrati i procedimenti per preparare il potente "Sigillo del Sole". Al Metropolitan Museum di New York invece è conservata una delle più ricche collezioni di talismani e amuleti egizi, comprendente svariati scarabei in diversi materiali, tra i quali spiccano per potere quelli di turchese. Gli Egizi li usavano in tutte le circostanze, per proteggersi dalle avversità, e li mettevano anche nelle bende delle mummie per aiutarle ad arrivare nel loro Paradiso Solare. Quest'ultima pratica è testimoniata dal ritrovamento di tali animaletti nelle bende di molte mummie. In quella del magnifico Tutankamon, Faraone della XVIII° dinastia, si sono trovati nei bendaggi più di centotrenta talismani sconosciuti, tra i quali spicca per stranezza una grossa T d'oro, che molti studiosi hanno interpretato come la T che, nei libri di gnosticismo sta a significare l'equilibrio della bilancia della giustizia divina. Forse la usavano per chiedere clemenza nel tribunale dei morti. La potenza dei maghi egizi viene anche segnalata attraverso la Bibbia nelle storie di Mosè, che davanti al faraone tramuta in serpente il suo bastone; il faraone in risposta dirà che quello era un gioco da ragazzi per i suoi magisti di corte. Altri popoli della medesima epoca erano molto potenti, come gli Assiri, i Babilonesi, i popoli dell'Asia Minore, tra cui spiccano i Magi. I Magi erano per eccellenza dei grandi maestri di magia buona ovvero la Teurgia che, come dice l'etimologia della parola, significa magia di Dio. Essi, re potenti oltre che grandi sapienti, regnavano nella regione dell'Asia Minore chiamata Magia, e incoronavano loro stessi i re e i potenti dell'antico mondo. Erano dediti allo studio del cielo, delle arti Taumaturgiche, e della vera Teurgia. Come viene testimoniato anche dai Vangeli Cristiani, i Magi, dopo avere studiato il cielo, previdero, con la comparsa di una importante cometa, la nascita di un grande Re Salvatore, e partirono per rendergli omaggio. I Vangeli ecclesiastici narrano di tre Magi, mentre nei vangeli gnostici si arriva a contarne tredici, che arrivarono con soldati e cortigiani per offrire oro, incenso e mirra al più grande Re dell'Universo: oro, metallo prezioso che adorna i Re; incenso, in segno di gloria, perché profuma la casa dei potenti e i templi; la mirra, la più preziosa e amara erba d'Oriente, per sottolineare la figura del Salvatore così importante per l'umanità e così tristemente beffato e calpestato. Esaltavano con quegli oggetti una grande profezia occulta. In contrapposizione però esistevano degli altri potenti maghi diabolici, i Caldei, che praticavano il Satanismo. Erano dediti all'adorazione del Demonio, compiendo nell'antica Roma veri e propri sacrifici umani in onore di Satana, e da qui ha origine l'antica diatriba scatenata dalla chiesa di Roma contro la magia in generale. Infatti la chiesa dei primordi, avendone sentite di tutti i colori sui Caldei, decise, senza discernere tra il buono e il non buono, di rinnegare ogni forma di esoterismo e divinazione adducendo come motivazione che tutte le arti magiche provenivano dal demonio. I Caldei provenivano dalla Grecia e divennero famosi in tutto il tempo antico per i loro messaggi di previsione ovvero per gli Oracoli. Effettivamente diventarono dei veri e propri maghi neri, dediti a servire Satana e a farsi svelare da lui il futuro per i più potenti romani. Tornando alla polemica con la Chiesa di Roma, onde schiarirci le idee, io vorrei esprimere la mia opinione che parte da questo concetto: in tutte le cose del creato c'è sempre stato l'anteporsi del male al bene, come è ampiamente dimostrato nelle filosofiche discussioni chiamate "Naturae" dei grandi filosofi greci presocratici il punto su cui riflettere sta nel fatto che, se ci si impegna a esercitare la cosiddetta magia, seguendo quelli che sono i canoni della moralità religiosa e civile, e specialmente facendo in modo di aiutare chi è stato colpito dal demonio in qualsiasi sua manifestazione, e, per finire, sottomettendosi alla volontà del creatore per l'esito, a mio avviso non si incorrerà nel giudizio divino negativo. A conferma di ciò che penso c'è il fatto che molti padri della chiesa di Roma hanno scritto i famosi Grimori, antichi trattati di magia bianca in cui sono riportati rituali e formule mistico-religiose per ogni avversità della vita. Il più famoso è "Il gran Grimorio di papa Onorio", ancor oggi usato dai Teurghi. Nell'antica Roma la magia aveva un ruolo importante; come vedremo, molti romani facoltosi e politicamente influenti nell'impero, erano frequentatori assidui dei vari Oracoli famosi al tempo. Quasi tutti gli Imperatori di Roma avevano il loro mago, che doveva essere particolarmente esperto nella preparazione dei veleni e nel prevedere i complotti contro i loro signori, dato il malcostume dell'epoca. Nel documentato libro "Tiberio", di Antonio Spinosa, è dimostrato come l'Imperatore fosse particolarmente superstizioso, tanto che in gioventù sacrificò molti anni allo studio dell'astrologia e degli oracoli nella capitale della magia, l'isola di Rodi. Si narra, come leggenda, che l'eccentrico Imperatore eccellesse nella Piromanzia, o divinazione con il fuoco. Ciò è stranamente confermato anche dai ritrovamenti di Capri, dove egli passò gli ultimi anni della sua vita; infatti sono ancora visibili i recinti sacri dove un tempo venivano rimessi gli antichi oracoli divinatori. E' facile paragonare quei tempi ai nostri; infatti con l'avvento della società sviluppata erano scaduti i cosiddetti valori morali, avendo perso splendore gli Dei del tempo. L'uomo cercava conferme e protezione nel suo, per così dire, potere magico. La MAGEIA, come veniva chiamata in Grecia, era considerata l'alta magia di Zoroastro e dei suoi sacerdoti in Persia. Anche Plinio nella sua opera del lo secolo d.C., Naturalis Historia, narra che Zoroastro era uomo molto saggio e dotato di poteri soprannaturali. Mosè stesso iniziò una casta di sacerdoti con poteri magici, i famosi Maghi Ebraici; essi erano particolarmente abili nella interpretazione dei segni del tempo e rivelatori di profezie per mezzo della potente Cabala. Il fatto importante che lega Zoroastro a Mosè è che tutti e due fondarono una religione e non una setta, dichiarando di essere ispirati da una divinità, questo creò intorno a loro un alone di mistero e di misticismo. Nell'antica Magna Grecia il più grande occultista-mago fu Pitagora. Nato a Samo, emigrò nell'odierna Crotone nel 530 a.C. e li la gente lo identificò con Apollo. Egli vi fondò una famosa" scuola" aperta agli uomini e alle donne dove s1 faceva esame di introspezione, osservando scrupolosamente la purezza, la dieta vegetariana e la strana usanza di non mangiare fave, al filosofo ripugnanti come di non lasciarsi andare al riso. Pitagora fu anche l'inventore dei cosiddetti Pantacli, figure magiche delineate su pergamena, racchiudenti il potere dei numeri, che per lui non avevano segreti. Ne fu grande maestro, sia applicati alla scienza che alla pratica esoterica della numerologia. Ancora oggi si usano sei quadrati magici da lui ideati per proteggere le persone dalle insidie dei nuovi progetti. Egli era anche un convinto assertore della Metempsicosi, ovverosia della possibilità dell'anima di trasmigrare alla fine dell'esistenza per p01 successivamente reincarnarsi. Egli sosteneva di essere a conoscenza delle sue precedenti esistenze, e ne cita nei suoi trattati anche i dati. Un altro grande iniziato fu Orfeo, mitico poeta, cantore e suonatore di lira. Si racconta che riuscisse, con la melodia della sua lira, ad ammaliare tutto il creato e che tanto il tempo che i fiumi si fermassero affascinati. Da lui ebbe origine il Movimento Orfico, che sosteneva la presenza di una scintilla divina nascosta in ogni uomo, che la celava, a sua stessa insaputa, come in una tomba. Il loro modo di evoluzione era la meditazione ascetica e l'alimentazione vegetale, il nostro modo di oggi di essere vegetariani, che secondo loro permetteva di liberare l'anima. Zenone invece con la sua scuola stoica di filosofia si avvicinava più che mai al futuro cristianesimo. Nel 300 a.c. già predicava che l'Universo era governato da un'unica entità suprema onnipotente, che poteva essere poi chiamata, a seconda del proprio credo, Zeus, Destino o Natura che sia; con questa affermazione cercava di far comprendere che ogni essere o cosa erano permeati da questa energia, che permetteva la vita. In questo contesto era evidentemente compreso anche l'uomo. C'era poi la setta degli Gnostici del Mediterraneo Orientale, che credeva anch'essa nella presenza della "scintilla" nell'uomo, e, per quanto imprigionata in esso, poteva essere liberata dalle limitazioni e dai legami terreni, per esprimere tutto il suo potenziale divino, la cosiddetta Gnosi, o conoscenza ottenuta mediante il "cuore" e la meditazione, in cui la verità viene rivelata. Il più grande mago gnostico fu Simon Mago, un samarita del primo secolo, più volte accusato dalla Chiesa di essere suo oppositore e fondatore dell'eresia. Onorato in Samaria per i suoi poteri straordinari, fu reo di aver cercato di comperare dagli Apostoli lo Spirito Santo, dando inizio all'eresia detta appunto Simonia. Simone si recò a Roma, dove operò prodigi di ogni genere, arrivando a far danzare delle statue da lui magicamente animate. Per sua sfortuna incontrò sulla sua strada l'apostolo Pietro, che lo smascherò pubblicamente, facendo svanire le sue magiche nefandezze. Simone fu il primo mago a rinnegare la grazia di Dio, per lasciarsi lusingare dalla tentazione del diavolo. Un'altra pratica molto famosa nei tempi antichi era l'evocazione degli spiriti, per interrogarli o renderli servitori. L'esistenza dei demoni e degli spiriti era accettata ovunque nel mondo antico, tanto che si usava dare colpa o merito di tutte le cose al loro operato. L'antico Imperatore pagano, Giuliano l'Apostata, asseriva, essendo un convinto sostenitore delle arti magiche, che con opportune erbe e unguenti magici si riuscisse ad animare la statua di un Dio, e a farsi svelare i misteri arcani, mettendo nel loro interno delle strane pozioni. I vari rituali magici che riguardano una religione, emergono in maniera evidente in momenti di pericolo. Quando nel 217 a.c. Annibale minacciava Roma con la sua armata, valicando le Alpi, nel noto episodio delle guerre con Cartagine, il Senato consultò i famosi libri Sibillini, raccolta di profezie e regole per allontanare i disastri, conservati nel tempio di Giove. Quando poi Annibale sconfisse Roma nel 216 8..C. il potente e ansimante Senato decretò il sacrificio umano per placare gli Dei con loro incolleriti. Nella religiosità dei Romani si trovavano varie superstizioni, specialmente presso gli agricoltori e viticoltori. Essi usavano fare il giro completo delle loro proprietà, tracciando una sorta di cerchio magico per proteggere le terre e i raccolti. In quel giorno sacro nessuno doveva lavorare. Un'altra superstizione famosa era la credenza che le Vestali fossero a conoscenza di un segreto per cui si arrestavano gli schiavi ad una eventuale fuga, ma funzionava solamente se essi erano ancora nelle mura della città. Un metodo delle streghe romane per perseguitare un nemico era quello di seppellire un coccio di terracotta con su scritto: "Io voglio una febbre quartana, affinché tal tizio non muoia". Si consegnava così agli spiriti della morte il destino del nemico, che per il loro potere moriva. Questi metodi provenivano tutti dalla Grecia del IV secolo a.c. Sempre in Grecia un magistrato poteva lanciare una maledizione, affiancato da un sacerdote, ai criminali e nemici pubblici. I Romani erano molto spietati in questo, e usavano maledire gli eserciti dei loro nemici. Nel Deuteronomio, uno dei libri che formano la Bibbia, si possono trovare nei minimi particolari metodi di maledizione contro i peccatori, tanto che non veniva quasi mai letto dagli ebrei antichi, per paura che si riversasse su di loro la cattiva sorte. Queste formule di maledizione furono poi sostituite nel cattolicesimo dalla scomunica, o, peggio, dall'anatema che era la maledizione peggiore, come spiega l'etimologia della parola stessa. Maledizioni e incantesimi erano usati anche per mire e ragioni di stato. Per fare un esempio, Germanico Cesare, nipote dell'imperatore Tiberio, nell'anno 19 d.C., si ammalò misteriosamente in Antiochia, e, secondo Tacito, furono rinvenute nel pavimento della sua residenza, corpi di fattura quali: "resti umani, carboni e ceneri insanguinate e addirittura delle tavolette di piombo con su scritto il suo nome, oltre ad oggetti maligni di cui si crede consegnino l'anima all'oltretomba". Furono poi per questo accusati Gneo Calpurnio Pisone e la moglie Plancina, che vennero riabilitati solo dopo essersi suicida ti per protestare contro questa accusa. Un altro modo per fare del male ad un nemico consisteva nel modellare un pupazzo di paglia o di argilla che rappresentasse l'avversario e, dopo averlo, con delle formule, maledetto, si bruciava il pupazzo, per inviare così il maleficio e far patire al malcapitato le stesse pene. La magia per immagini o per imitazione del destinatario del sortilegio, è stata in ogni epoca usatissima in incantesimi di morte, per la pazzia, per l'amore e persino per la guarigione. In un canto di Virgilio una donna fa tornare a se un uomo per la potenza di un ritornello magico dell'antica Roma: "Ducite ab urbe domum, mea carmina, ducite Daphnim". Portatelo a casa dalla città, o miei carmi, portatemi Dafni. Ella aveva poi un pupazzo di cera che lo rappresentava, a cui fa la "Catena di Venere" per avvicinarlo a se. Quindi fonde il pupazzo nel fuoco, perché il suo cuore arda di desiderio. Anticamente si dava anche grandissima importanza alle guarigioni magiche, alla stregoneria e particolarmente ai sogni e, per quanto la "medicina" fosse relativamente avanzata per la cura delle persone, si provava sempre a curare i malati con rimedi. Un pò magici e un pò medici; in ogni caso la malattia non era mai affrontata da sola. La prova sta in tutti i trattati degli acculturati dell'epoca, che prescrivevano e annotavano nelle loro opere rimedi espressamente magici, per ottenere portento si miglioramenti. Il celebre Plinio, nel suo Naturalis Historia menziona una infinità di metodologie magiche per curare ogni sorta di malattie. Contro il mal di testa, per esempio, bisognava passare sopra il capo un nodo scorsoio con il quale era stato impiccato un uomo. Per chi aveva la febbre, si consigliava di impastare della cera con le proprie unghie, quindi di notte si attaccava l'impasto alla porta di uno sconosciuto, per trasferirgli il male. Si credeva che il sangue, gli organi e le ossa di un uomo morto prematuramente, specialmente se morto ammazzato o di disgrazia, avessero una potente carica vitale da usare per scopi magici. Così si usava per l'epilessia far bere dell'acqua dal teschio di un morto per cause violente. Molto più (e si può capire il perché) venivano usate erbe e droghe per ottenere guarigioni miracolose; gli occultisti del tempo si avvicinavano così per la prima volta ad una magia, che, con l'aiuto della scienza, sarebbe diventata la moderna fitoterapia. Il trattato antico più famoso fu scritto da Discoride nel 60 d.C., l'eccellente Materia Medica. Essa contiene le spiegazioni erudite di centinaia di erbe atte a curare il corpo e lo spirito. Dal momento che le erbe avevano un fluido particolare, tutti i grandi erboristi usavano particolare attenzione nel raccogliere le piante magiche. Delle volte tracciavano intorno ad esse dei cerchi magici con carbone, altre volte addirittura arrivavano a fabbricare dei coltelli particolari messi a punto esclusivamente per tale scopo. Il rituale più curioso riguarda la potente Mandragora, erba velenosa ed afrodisiaca, che era indispensabile per ogni rituale importante. Per sradicarla veniva sottoposta a una vera e propria farsa. Il mago dapprima tracciava tre cerchi magici intorno alla pianta, uno per proteggerne il potere, uno per evitare gli attacchi dello spirito che la custodiva e il terzo per scongiurarla . Legava poi con la corda di un impiccato la potente radice e, all'altro capo, legava un cane. Si tappava poi con della cera vergine le orecchie, dal momento che la pianta sradicandola, avrebbe emesso ogni sorta di imprecazioni e urla con voce umana. Dopo aver scongiurato la pianta, tirava della carne al cane oltre la lunghezza della corda; questo per prenderla divelleva le radici e moriva per la maledizione lanciata da essa. La Mandragora è, specialmente nel medioevo, rinomata come pianta dalle origini e caratteristiche umane, essendo la radice formata come le gambe di una persona, con tanto di sesso, sì da riconoscerne il maschio e la femmina. Sulla mummia dei faraoni, prima che venisse definitivamente bendata, si mettevano al collo tre collane di questa prodigiosa pianta, come infatti testimonia l'autopsia fatta sulle spoglie del grande Tutankamon. (H Carter, "Tutankamon"). Anche i santuari erano frequentissimi nell'antichità. A Roma sulle rive del Tevere si trovava il tempio di Cosma e Damiano dove venivano consegnate delle ampolle con dell'acqua consacrata, usata per le guarigioni. Ancora oggi sono conservate delle ampolle di quasi duemila anni fa. (Museo di valle Giulia, Roma). Già prima però era usatissima l'acqua magica in ogni civiltà antica; in effetti il suddetto santuario sorgeva nei pressi del distrutto tempio di Diana, dove vigeva la stessa usanza. In Grecia c'erano invece dei santuari dove si chiedeva la cosiddetta "grazia". Erano i santuari di Asclepio, l'equivalente greco di Esculapio, il cui culto era derivato da Imhotep, ministro del faraone Zoser, che fu un grande guaritore e diventò divinità con la morte, come era consuetudine in Egitto. In questi santuari erano adorati degli enormi serpenti aurei a forma di esse, che erano il simbolo del Dio e che ancora conosciamo come stemma dell'Ordine dei Medici. Ci si recava in pellegrinaggio, sostando una notte nel tempio, sperando in un sogno rivelatore del Dio. Questa pratica era chiamata "Incubazione" ed era così frequente avere oniricamente la. prescrizione miracolosa. che a Epidauro, antica città greca, sorse una anagrafe delle guarigioni e dei. miracolati, una vera e propria "Lourdes" dell'antico evo. Anche i sogni erano tenuti in grande considerazione, come mezzo rivelatore del futuro e come via di comunicazione delle forze soprannaturali per arrivare all'uomo. Secondo la tradizione greca, l'antico oracolo di Delfi veniva consultato attraverso i sogni fino a che ne prese possesso Apollo. Anche nella Bibbia il Dio degli Ebrei comunicava con essi per mezzo dei sogni, mandando sogni profetici sia direttamente che per mezzo di spiriti a Lui subordinati. Si rivelò per mezzo di questi a Giacobbe, a Giuseppe, a Nabuccodonosor, che li descrissero e li interpretarono. Persino Salomone si recò al santuario di Ghibeon, offrì dei sacrifici, bruciò degli incensi e alla fine si addormentò sperando nel sogno, che ebbe e nel quale il Signore calmò le sue paure. Esiste a conferma di queste affermazioni un antico papiro, il Chester Beatty, che è considerato il più antico trattato per l'interpretazione dei sogni. Risale al 1350 a.C. e contiene gli stessi esempi ed elaborazioni riproposte oggi dalla moderna psicoanalisi. Contiene addirittura un trattato per preservarsi dai pericoli rivelati dai sogni. n. libro più importante dei greci fu la Oneirocritica di Artemidoro, composta nel 140 a.C. L'autore girò mezzo mondo antico per raggruppare sogni, avvalendosi presumibilmente anche di antichi trattati assiri, babilonesi ed egizi. Tanto fu il successo del libro, che più avanti Artemidoro scrisse un manuale per la chiromanzia, la Chiroscopica. Attualmente il più noto trattato di interpretazione dei sogni è la Smorfia, libro che esprime la cultura napoletana, e ancora oggi viene considerato come il più veridico. Ai primi del novecento un grande santo riportò la premonizione onirica agli antichi splendori; fu San Giovanni Bosco, che durante la sua vita ebbe una miriade di sogni apportatori di profezie divine di grande utilità per i credenti. La regina delle arti divinatorie e l'astrologia, che nel mondo romano era chiamata Mathesis, "il sapere". Essa deve il suo prestigio al timore reverenziale che ispira il cielo stellato e al fatto che gli indicatori da essa impiegati, i pianeti e le stelle, si comportano in modo ordinato e prevedibile. I sacerdoti della Mesopotamia collegavano il Sole, la Luna e i pianeti a Dei e Dee, il che significava che ciascuno di essi acquistava un suo carattere e una sua sfera di influenza. Marte, per esempio, era collegato al dio della guerra e della pestilenza, e Venere a Ishtar, la dea dell'amore e della fertilità. L'astrologia, affermò Franz Cumont, "ha esercitato sopra l'Asia e l'Europa un dominio maggiore di quello raggiunto da ogni altra religione". Anche oggi comunque sembra godere di ottima considerazione; infatti se si considerano l'India e l'Asia in genere, si noterà. che astrologia e astronomia si insegnano e apprendono contemporaneamente all'Istituto Statale di Astrologia e Astronomia Indiano, perché si crede giusto che siano due discipline inscindibili, che si compensano, oltre al fatto che sono considerate ugualmente scienze esatte. Da notare il fatto che è menzionata sempre prima l'astrologia e poi l'astronomia come a privilegiarla per rispetto. Anche oggi politici e personalità consultano l'astrologo, per avere indicazioni su come affrontare la propria vita pubblica e privata. Tanto per fare un esempio, si può citare il presidente degli Stati Uniti d 'America, Ronald Reagan che sembra, da quanto dichiarato dal suo addetto al dipartimento di stato Deagan, consultasse una nota astrologa californiana, Joan Quigley, prima di prendere delle decisioni importanti, onde scoprire i momenti più propizi per concludere accordi o summit politici. Egli stesso dichiarò poi che, visti i grandi successi internazionali ottenuti, si riteneva soddisfatto di tale scelta fatta da lui, ma promossa dalla first lady Nancy Reagan. Il tutto è stato materiale per un libro uscito nel 1988, divenuto in America un best seller. Anticamente l'astrologia non era così ben strutturata come ai nostri giorni, ma era una serie di varie profezie e rivelazioni. Furono i Babilonesi a precisare il circolo dello zodiaco; lo divisero in dodici sezioni eguali o "segni" e gli Egiziani seguirono tale usanza. Solo più tardi si cominciò a trarne l'oroscopo come oggi lo intendiamo, personalizzato con i pianeti e le varie congiunzioni proprie di nascita. Erodoto, storico del IV secolo a.C., studioso di usi e costumi dei popoli con i quali venne in contatto, per la prima volta scoprì l'usanza degli oroscopi. Ne sono pervenuti a noi diversi di tale epoca compilati da Babilonesi; uno di questi suona così: "La posizione di Giove significa che avrà vita regolare. Diventerà ricco e morirà vecchio. La posizione di Venere indica che, ovunque si recherà, ciò gli sarà favorevole. Mercurio nei Gemelli significa che avrà figli e figlie". (Erodoto; storie, 2.82).