Chi sono
In queste pagine cercherò di tracciare la mia “storia esoterica”, non per mia vanagloria, ma per illustrare, a chi volesse seguirlo, il mio cammino, così da essere esempio pratico per ascendere a quel potere che ognuno di noi ha latente, e a cui penso aspiriate anche voi.
Sono nato a Frascati, una bella cittadina laziale dalla storia antica vivissima, che, come testimoniano gli annali comunali, è stata residenza per papi e nobili già dal sedicesimo secolo, ospitando anche molte personalità di tutte le epoche. Sono del 1960, e sono del segno del Cancro con ascendente Bilancia. Avevo otto anni e vivevo una normale vita da bambino spensierato, quando nella mia casa si verificò un fatto insolito, che si rivelerà poi come la porta per entrare nei misteri che stiamo per trattare. Era una normale giornata estiva, la mia nonna materna, donna timorata di Dio e depositaria di un grande carisma spirituale, aveva da sette anni dei grossi problemi di salute. Passava delle giornate in completa balia di forti dolori e, nonostante molti medici l’avessero tenuta in cura, sembrava destinata a sicura morte. Aveva moltissimi disturbi, il fegato quasi atrofizzato e varie problematiche digestive ed intestinali, tanto che negli ultimi mesi si nutriva solo con delle minestrine, il più delle volte indigeste, che frequentemente rimetteva. Dopo averle provate tutte, i miei nonni ricevettero la visita dei signori Costa, stimata famiglia d’origine napoletana, i quali avanzarono l’ipotesi che mia nonna fosse vittima di una fattura a morte. Lei, che era stata sempre scettica su queste pratiche, cercò di sorridere, pensando ad una battuta di spirito, ma nonostante l’incredulità che mostravano i miei, essi insistettero, dicendo che non costava niente provare. Non avendo del resto altra scelta, i miei nonni si convinsero a battere anche quella strada. Partirono per Melito di Napoli per andare da un famoso mago amico dei signori Costa, che confermò quanto pensavano gli amici dei miei cari, aggiungendo che era però molto tardi e che non era sicuro di poterla liberare, poiché, secondo lui, mancavano solo trenta giorni alla sua morte. Fece una sorta di rituali strani e bruciò erbe dicendo delle orazioni in stretto dialetto napoletano; d’un tratto mia nonna ebbe un conato di vomito e rimise una sorta di palla di peli bianca dallo stomaco, che, spiegò dopo il mago, era il Corpo della Fattura. Senza troppe parole, concluse: “Sei libera, e presto ne sarai certa”. Ritornarono, e già sull’autostrada mia nonna si sentì particolarmente serena, tanto da volersi fermare a prendere un caffè, cosa che le era stata proibita da anni. Arrivata a casa fu presa da una spasmodica fame e cercò di saziarla mangiando due uova fritte, che in altri tempi sarebbero state causa di sicura morte per lei. Ricominciò davvero a vivere con enorme meraviglia dei medici, che la tenevano in cura da anni, e che, voglio puntualizzare, non erano psicologi e psichiatri, ma epatologi e internisti affermati.
A me la cosa fu tenuta nascosta, forse per non impressionarmi, ma la mia natura curiosa mi spingeva a cercare di capire, dai vari discorsi che “casualmente” sentivo, cosa era successo di così eccezionale. Capii che c’entrava la magia e la cosa mi affascinò talmente da indurmi a scoprire chi era quel signore che da qualche tempo veniva a trovarci. Come avrebbe detto lui in napoletano, mi ci “Azzeccai come una sanguetta”, per carpirgli i segreti che avevo sentito tanto decantare.
Il suddetto signore è Giovanni Rettore di Melito di Napoli, per noi il Sor Giovanni, che, oltre ad essere un grande mago, è una persona carica di umanità, tanto da essere particolarmente simpatico ai bambini. Anche lui ne aveva quattro piccoli come me e, conoscendo la curiosità dei fanciulli rispose a tutte le mie mille domande, arrivando a svelarmi persino qualche suo segreto. Quelle risposte mi accesero del cosiddetto fuoco dell’arte e innescarono il meccanismo, ancora perfettamente funzionante, che mi ha portato a praticare la magia con buoni risultati. Cominciai a comprare dei libri, tra i primi “Il libro dei sogni” e un manuale di cartomanzia. Mi esercitai leggendo le carte a mia nonna e meravigliandola per alcune mie felici previsioni, che in seguito risultarono vere. Passò qualche tempo e casualmente scoprii in mia zia Luisa, sorella di mia madre, un’interessata interlocutrice, colma di curiosità. Andai a passare le vacanze da lei e con il suo efficace aiuto cominciai a sperimentare qualche magia. Andammo in una nota libreria del centro e comprammo il libro “Le arti magiche”, che, nonostante fosse di autore ignoto, è da sempre considerato come uno dei migliori del campo, consigliatomi dal Sor Giovanni, perché mi cimentassi in varie magie. La nostra attenzione si soffermò su un talismano famosissimo, il Talismano Sterminatore, che serviva per esorcizzare persone e luoghi e in particolare per sottomettere gli spiriti di luce e farsi aiutare nelle magie bianche. C’era una serie di problemi tecnici, che però non ci spaventarono: occorreva trovare la limatura di sette metalli con predominanza di piombo, che ci procurammo da una ferramenta di un nostro amico, il quale ci diede la polvere della fabbricazione delle chiavi. L’oro lo limammo da un anello della zia. Un altro problema era il riportare tutti i segni esoterici sulla placca da noi fusa e assolvemmo a tale compito incidendoli sulla sua parte più liscia, che risultava non certo bellissima, ma ugualmente valida. Consacrammo e usammo il talismano nella casa di mia zia, sempre affetta da malocchio, che le causava grossi mal di testa, riuscendo a debellarlo e a far tornare in buona salute la zia. Molto lei mi aiutò nell’iniziarmi a queste “stramberie”! Avevamo in comune una profonda fede in quest’antica arte, esaltata da una non meno intensa curiosità. Arrivai così a dodici anni.
Nel frattempo il Sor Giovanni e la nostra famiglia avevano stretto legami di ottima amicizia, tanto che mia nonna fece da madrina di cresima a Regina, la secondogenita di casa Rettore, che spesso era stata nostra ospite a Frascati e alla quale io ero legato da forte amicizia. Aveva cinque anni più di me e nei suoi soggiorni romani mi raccontò varie storie interessanti sul padre, comprese delle piccole magie contro vari malanni, mi invitò insieme a mia sorella Rita, a passare un mese a Melito, periodo che si rivelerà poi come la mia vera “iniziazione”. Si accorsero presto i coniugi Rettore con chi avevano a che fare! Gliene combinammo di tutti i colori, fino a far ciondolare mia sorella dalla finestra attaccata solo alle mie mani. Per calmarci un pò, il marito, ricordando il mio interesse per la magia, mi insegnò i primi veri sortilegi per l’amore e rituali contro il diavolo e le fatture. Gli rimanemmo molto simpatici, forse per come mangiavamo di cuore alla loro tavola che non si poteva che dire eccezionale, e ci invitarono ancora più volte, dimostrando quanto è grande l’amore e l’ospitalità del popolo napoletano verso gli “stranieri”. Tra i doni che portai da Melito c’erano anche i famosi Abitini di protezione Napoletani e il mio maestro, oltre a spiegarmi il rituale per fabbricarli, ne confezionò uno proprio per me, perché mi proteggesse nelle mie future operazioni. Sempre per curiosità e per cercare di capire tale arte, comprai dei libri che molto mi spiegarono, ma che nella maggior parte dei casi mancavano di esperimenti pratici per provare a fare delle magie che fossero utili al prossimo. Compresi che la miglior maniera per ottenere il “lume” dell’arte magica consisteva nell’affiancarsi a qualche professionista dell’occulto; infatti, dopo vari insuccessi, mi resi conto, per merito delle mie statistiche, che ciò che funzionava veramente erano i soli rituali del Sor Giovanni, non perché non ve ne fossero altri veritieri, ma perché erano gli unici che mi provenivano da un praticante e non da un semplice teorico. Infatti, nell’ideare questo testo, il mio scopo è stato quello di rendere accessibile questa benedetta magia e di spianare la strada a quanti ne volessero percorrere il sentiero, senza incappare nei miei stessi ostacoli, trasformando così una materia esoterica in essoterica.
Dopo aver carpito altri segreti al maestro napoletano, mi capitarono i primi casi. Mi sembra giusto, per serietà, avvalermi non delle reali generalità delle persone che trattai, ma di pseudonimi, anche perché non racconterò questi episodi per darvi delle prove; li riferisco, benché siano veritieri nei minimi particolari, solo perché vi serviranno per cominciare ad affinare la vostra sensibilità e prepararvi ai vari casi che deve risolvere un esoterista. Da qualche tempo una mia carissima amica manifestava strani pensieri nei confronti della famiglia e dei figli. Si chiama Gloria, una donna robusta ed esuberante, che, nonostante vari guai, era, insieme al marito, riuscita a comperare una casa e ad avere un discreto reddito famigliare. In un certo senso sembravano arrivati definitivamente per lei un pò di pace e di benessere, quando cominciò a manifestare varie sintomatologie strane. Aveva delle depressioni fortissime con continui malesseri fisici accompagnati da una sorta di idee negative. I congiunti la fecero visitare da vari neurologi e medici, che purtroppo furono costretti a diagnosticare, non trovando nessuna malattia, un pò di esaurimento nervoso. Anch’io, cercando di stare con i piedi per terra, pensai che avessero ragione, finché non venne a trovarmi. Mi raccontò dei disturbi che provava, aggiungendo che sentiva sempre il desiderio di andare via da casa, nonostante amasse marito e figli. La cosa che però mi insospettì di più fu quella strana sensazione che avvertiva di gettare via la fede di matrimonio. Le chiesi se la sentiva di sottoporsi alla preghiera di San Cipriano, precisando che, se era affetta da qualche maleficio, sarebbe stata liberata, altrimenti le avrebbe giovato come benedizione. Ci accordammo per il giorno prescritto dai Grimori. Mi preparai bruciando incenso e benedicendo la stanza che avrebbe ospitato l’esorcismo; presi anche con me un antico reliquiario, donatomi da un noto Cardinale romano, contenente un pezzetto microscopico della vera croce di Gesù. Questo, secondo il rituale dell’esorcismo, infonde particolare timore al demonio. La signora arrivò, la feci accomodare sicuro, come mi capitava di frequente, che avremmo sconfitto il male. Cominciai a pronunciare le formule della potente orazione, ma mi accorsi che all’improvviso cominciò a essere irrequieta. Cercai di non perdere il controllo seguitando con più fede l’esorcismo. Ad un tratto mi tirò la fede e contemporaneamente non mi guardò più, tenendo sempre reclinati gli occhi. Appena ebbi completato la formula, sembrò riprendersi; mentre mettevo via i materiali, si alzò e, dopo essere stata ritta in piedi per qualche secondo, cadde pesantemente a terra. Capii che avevo sfidato il demonio e che, aggredito, si era ribellato. Provai ad alzarla, ma, con voce profonda di uomo, mi disse: “Lasciami stare, bastardo! Perché vuoi cacciarmi? Qui sto bene e non è stata mia intenzione venire, mi ha mandato il tal dei tali (disse il nome vero) con una fattura per rompere questa unione”. La esorcizzai con un altro potente esorcismo e, dopo avermi sputato e respinto, si riebbe senza ricordare niente di quello che era successo. Le ripetei per sicurezza il rituale altre due volte giorni dopo. Si trattava, ormai potevo dirlo con certezza, di una fattura contro il matrimonio! Ecco perché il desiderio di scagliare via la fede. Quello comunque che ricorderò sempre fu la perfida voce maschile, mai più sentita in essere umano, che mi insultava.
Avevo allora quasi quindici anni e insieme a mia nonna cominciai a frequentare un gruppo di preghiera carismatica dedicato alla Vergine Maria. Era un gruppo Cattolico Apostolico Romano, approvato dal cardinale americano Suinens, il quale desiderava ripristinare la fede come era stata vissuta dai primi cristiani, risvegliando nei partecipanti il Divino e i Carismi che ognuno di noi ha in dono al momento del battesimo. Cercavamo di riaccendere lo Spirito Santo che abita in noi per fare, come lo stesso Gesù promise ai suoi discepoli: ” …cose più grandi di quelle che io stesso ho fatto”. Logicamente tutto partiva dal Signore, che ci usava come mezzi. Durante la nostra riunione di preghiera settimanale avvenivano cose molto strane per chi si avvicinava la prima volta. Molti dei partecipanti cominciavano a cantare canzoni in lingue sconosciute e a lodare Dio con inni celestiali. Ciò che caratterizzava però le riunioni era la vera manifestazione della presenza di Dio; il Signore, attraverso dei veggenti, che da Lui avevano ricevuto tale carisma, parlava dando messaggi e profezie riguardanti la comunità insieme all’indirizzo per conseguire un’autentica vita spirituale. Il Padre si palesava anche con molti miracoli, tra i quali ricordo la guarigione completa di una pittrice da sette anni sottoposta, per blocco renale, a emodialisi. Quello delle guarigioni era il carisma più utile alla comunità, perché dava la possibilità di mostrare ai non credenti la potenza di Dio. La Pittrice ebbe la felicità della guarigione non per potere del gruppo, ma per la ritrovata fede nel Cristo. Per darvi l’idea esatta della nostra associazione, bisogna dire che tutti erano graditi ed accettati, senza dover pagare niente: si interveniva alla riunione del sabato, e, se si voleva intendere meglio la parola del Cristo, si partecipava ad un seminario di catechesi per sette volte a cadenza settimanale, questo per intendere la manifestazione di Dio in noi. Alla quarta settimana ci si riuniva un giorno intero e tutte le persone che avevano seguito il “seminario” ricevevano l’effusione dello Spirito Santo: il Signore diceva, per bocca di chi imponeva le mani su loro, il suo volere e i carismi che gli avrebbe acceso. I carismi erano, come dicono le lettere di San Paolo, vari, c’era quello della profezia, che era il mezzo del Signore per parlare a noi; il carisma delle Guarigioni, il carisma del discernimento degli spiriti, che permette di avvertire immediatamente lo spirito di chi chiede aiuto e sentirne la disposizione dell’anima, compresa la possessione. Tutti i nuovi “iniziati” nella riunione che seguiva l’effusione sentivano in loro una nuova pace, una gioia che non avevano mai provato e vedevano accendersi, indipendentemente dalla loro volontà, i carismi ricevuti. Anch’io ebbi tale esperienza, sicuro di ciò che stavo per provare, grazie anche alla testimonianza di mia nonna, che li frequentava dal 1944. Il Signore l’aveva onorata del carisma delle guarigioni, su cui numerosissime persone potrebbero oggi testimoniare. Nella mia Effusione il Signore mi donò il carisma del Discernimento degli spiriti e della Fede; mi disse anche, tramite il suo veggente, che avrei convertito delle persone e che avrei scritto per la gloria dell’operato del Dio vivente. Sicuramente vi sembrerà un racconto di fantasia, ma, a riprova di quanto vi ho riferito c’è il fatto che i Carismatici sono in tutte le città della terra. Io ho trovato dei gruppi persino a Miami in Florida; essi sono molto più conosciuti di quanto possiate pensare, tanto da tenere nello stadio di San Benedetto del Tronto per ben tre volte l’anno una riunione generale, con più di trentamila partecipanti, che con il benestare del Pontefice Giovanni Paolo 11° si radunano per invocare il Santo Spirito e lodare il Signore. A questo punto necessita una spiegazione: i carismatici non sono una setta, ma un movimento in seno alla chiesa di Roma che non si arroga particolari poteri, che rimette, in virtù dell’onnipotenza del Creatore, tutto nelle sue mani senza percepire alcun compenso, avendo i suoi componenti un lavoro normale e dedicando alla loro fede gli spazi liberi. Per trattare l’argomento anche da un punto di vista teologico, bisogna affermare che tali movimenti sono caratterizzati da un fenomeno conosciutissimo ai teologi di tutto il mondo, ovverosia il messaggio cristiano pneumologico, che sta ad indicare la possibilità della voce divina di parlarci attraverso l’anima. Se vi interessa questa esaltante esperienza potete voi stessi provarla, loro non sbandierano ai quattro venti il loro santo valore, ma chiedendo al vostro parroco o ad un addetto alla curia vescovile potrete sapere dove e quando essi si riuniscono. A Roma, per fare un esempio, ci sono quattro comunità accessibili a tutti; una molto conosciuta è il “Gesù Risorto”, che pubblica anche un giornalino mensile di esperienze dello spirito intitolato “Risuscitò” ed è gratuito.
Giunsi così ai diciannove anni. Avevo molti amici e tra questi c’era un pioniere dell’era delle TV private, che avendomi visto fare le carte, decise di promuovere quelle che sono le odierne rubriche di cartomanzia, al tempo ancora non condotte da nessuno, affidandomi la cura di una trasmissione, in contatto diretto con i telespettatori, durante la quale si facevano le carte a chi aveva la bontà di seguirmi e telefonarmi. Si rivelò un successone per molti anni, tanto che ancora è nel palinsesto dell’emittente Teletuscolo, con degli angoli dedicati alla pratica della magia. Per questa emittente, date le richieste del pubblico, pubblicai un piccolo libro con 100 magie pratiche, ancora richiestissimo, e che mi rese molte soddisfazioni in tutta Italia. Tramite questa rubrica televisiva ebbi l’onore della visita di qualche personalità del mondo di oggi, dal giudice al politico ed altre. Mi capitò in quegli anni uno dei casi più strani. Una signora di circa quarantacinque anni mi contattò, dopo avermi visto in televisione, dicendomi che grandi cose le capitavano nella sua abitazione. La ricevetti nella mia casa materna e questa angosciata signora mi raccontò che negli ultimi tempi la sua famiglia aveva avuto una clamorosa caduta professionale e, benché ricchi, stavano andando a picco finanziariamente. Inoltre la sua bambina di dodici anni aveva delle manifestazioni stranissime, tipo dei dolori lancinanti al basso ventre che nessun medico aveva saputo diagnosticare, e in casa trovava nastri e spille in tutti i letti. Mi recai da loro, convinto che si trattasse di una fattura chiamata “dei tredici anni”, adoperata per portare a morte, al tredicesimo anno di età, la loro bambina di nome Loredana. Appena entrai, sentii una pesantezza che mi piombò sopra, facendomi provare una strana sensazione di disagio. Era il primo sintomo che non avevo sbagliato diagnosi. Simili manifestazioni fisiche accompagnano sempre la presenza del maligno, manifestata nella fattura. Nella stessa seduta la signora, di nome Regina, mi mostrò un fenomeno a dir poco strano. Aprì un grande armadio e mi fece constatare che tutti gli indumenti erano stranamente annodati; li sciolse e trovò nei nodi una miriade di spille e nastrini neri e rossi. Cominciai a benedire la casa e i letti, cosa importantissima nell’esorcismo, e mentre segnavo il letto con la croce, mi punsi. Tolsi la coperta e sotto scoprii un numero esorbitante di spille e aghi; la signora assicurò non essere la prima volta che succedeva. Ora avevamo un altro chiaro sintomo della presenza del male. Il bello doveva venire e si manifestò quando feci l’esorcismo liberatorio sulla signora e la bambina. Preparai “il limone liberatorio” con i nastri, un rimedio classico, da gettare al fiume per scongiurare la fattura, e pronunciai tutte le formule del caso. Appena finito, la signora in un conato di vomito rigettò una pianta, talmente integra e fresca, da sembrare impossibile provenisse dall’interno di un organismo umano. Nello stesso istante la bambina ebbe un enorme bisogno di fare la pipì; siccome era allettata, la mamma prese un catino di metallo smaltato, e ve la sistemò sopra per sopperire al bisogno. Mentre urinava, si sentì un rumore metallico nel catino; guardammo dentro e vedemmo una cosa raccapricciante: una manciata di spille da sarta ossidate e il simbolo stesso della fattura, una catenella di metallo composta di tredici anelli. La catenella di metallo era particolarmente importante, per capire se la diagnosi di fattura dei tredici anni era giusta. Infatti, ogni anello simboleggiava un anno di vita, per un totale di tredici. Avevamo così vinto il male un’altra volta.. Dopo quell’episodio e dopo aver fatto bruciare delle erbe magiche per un mese, oltre ad avergli dato delle protezioni, tutta la famiglia riacquistò il totale benessere.
Dopo averlo sognato per anni, mi si presentava la possibilità di recarmi in Brasile. Da tanto questo paese mi affascinava, sia per la cultura, magica per eccellenza, che per il fascino tropicale che esercita tale meraviglioso paese. Mia madre, dopo qualche esitazione, acconsentì a mandarmi. Prenotai un viaggio insieme ad alcuni amici, per cercare di rendere più piacevole possibile il soggiorno in quel lontano paese. Avevo ventun anni e la possibilità di andare nella meravigliosa Rio de Janeiro mi esaltava. Partimmo con un normale volo Varig e arrivammo dopo circa dodici ore di viaggio. Tutto si svolse secondo le aspettative, fuorché per una sera. Erano circa le ventidue, eravamo in compagnia della guida brasiliana e di un gruppetto di altri turisti. Parlando, la guida, un simpatico perugino trapiantato da trenta anni a Rio, mi chiese, come aveva fatto un pò con tutti, che professione esercitavo; risposi che ero uno studioso di fenomeni esoterici e che praticavo la magia. Esplose in una fragorosa risata, aggiungendo: “Io a queste buffonate non credo, ma, se ti può interessare, posso presentarti quello che è considerato il santone brasiliano per eccellenza, il Paj Jeronimo”. Detto fatto in venti minuti di macchina arrivammo alla periferia di Rio, precisamente a Foundos. Sembrava di essere entrati in un’atmosfera irreale! L’edificio presso cui ci fermammo da fuori sembrava una vecchia casa coloniale da film anni trenta; sulla porta di ingresso c’era un cartello con su scritto: “Tenda Espirita Paj Jeronimo”. Entrando, ci accorgemmo che era in atto un rituale strano, presieduto dallo stesso Santone, che consisteva nell’esorcizzare delle donne da spiriti maligni. Mentre il Paj Jeronimo le esorcizzava, esse cadevano come in trance e si dimenavano selvaggiamente. Tra riti, canti e altre magie, si fece la mezzanotte. Durante la funzione, a cui in Brasile è permesso a tutti di partecipare, notai che il Santone mi aveva guardato insistentemente e varie volte mi era sembrato che mi sorridesse. Premetto che c’erano varie centinaia di persone al rituale e per questo mi sembrava strano tutto ciò. Mentre la gente defluiva dal tempio per andare via, il Paj Jeronimo venne verso di me e, dopo avermi fissato con sguardo amorevole, mi disse: “Tu sei il Santero italiano”. Rimasi perplesso e come sbigottito, sapendo che in portoghese, l’idioma brasiliano, Santero ha lo stesso significato di mago bianco, e meravigliato, perché mi aveva classificato con tanta sicurezza. Non poteva esserci una spiegazione razionale, dato che la guida era stata tutto il tempo accanto a me durante il rito. Non c’era motivo di pensar male, dal momento che non c’era lucro alcuno nella Tenda Espirita del Santone, dove tutto era elargito gratuitamente. Volli fermarmi a parlare con lui, a costo di ritornare a piedi in albergo. Lui con fare molto gentile, mi accompagnò nella sua Cabana de xango, (sala di ricevimento del maestro in magia macumba). Appena entrati ebbi modo di osservarlo bene. Era un uomo di carnagione scura da meticcio, alto un metro e settanta circa, dal porgere armonioso e gentile. Indossava una tunica rossa con un copricapo dello stesso colore, e un’inseparabile pipetta di legno in bocca, simbolo del maestro nei rituali della magia macumba. Emanava una sorta di attrazione, che suscitava benessere e pace. Mi spiegò che sapeva da tempo della mia venuta e che mi avrebbe dovuto spiegare delle cose importanti per il mio cammino magico, ma quella volta si sarebbe limitato a spiegarmi le basi della magia Macumba bianca. In un futuro viaggio mi avrebbe sicuramente iniziato al Candomble. Andai da lui per tre giorni consecutivi, mangiammo anche insieme. Mi spiegò l’uso di vari amuleti del Brasile e, cosa più importante, mi diede le basi della concentrazione per praticare le prime magie brasiliane. Mi regalò, oltre ad una potente formula per la magia d’amore, una prodigiosa collana, che dà forza a chi si dedica alla magia e lo protegge come un talismano. Dopo qualche giorno, ripensando a ciò che era avvenuto, apprezzai molto gli insegnamenti del mago-santone, sicuro della sua forte personalità e del suo potere, ma ero quasi sicuro di non poter essere iniziato alla magia Macumba, dato che non possedevo una cassa molto fornita, per tornare in Brasile. Parlerò ancora di questa personalità nel capitolo dedicato ai miei maestri. Rientrato a Frascati, seguitai i miei studi, oltre a esercitare, per chi mi cercava, la magia. Misi in pratica quasi tutti i segreti svelatimi dal Padre Geronimo, ottenendo dei risultati che mi fecero capire appieno di quale potere era pervasa la persona che me li aveva svelati.
Tra i molti casi che mi si presentarono, ci fu quello di un Nobile romano – lo chiameremo il Marchese – che mi interessò molto. Venne da me nel 1984 e mi raccontò la sua storia. Da qualche anno aveva allontanato dalla sua azienda di antiquariato un brasiliano, che non si era dimostrato un modello di onestà. La società trattava la compravendita di mobili antichi e, da quando aveva rotto con il socio, nonostante fosse rimasto per legge tutto al marchese, le vendite erano diminuite spaventosamente. Inoltre lui stesso e i familiari erano vittime di manifestazioni strane: una sorta di abrasioni e ustioni dolorose coprivano il corpo del marchese e della sua famiglia, accusavano malesseri. di ogni natura, si udivano urla e rumori nella loro lussuosa dimora, in cui sempre per “caso” scoppiavano degli improvvisi piccoli incendi. Si erano rivolti a diversi medici, tra cui uno di spicco per fama internazionale, ma essi non seppero diagnosticare alcuna malattia, riconoscendo però la stranezza di simili ustioni. Un noto clinico psichiatrico sostenne all’inizio la tesi delle nevrosi scatenanti, che si riverserebbero sul corpo, autoprovocando le piaghe, ma, dopo averli sottoposti a visita e test, escluse in maniera categorica ogni traccia di nevrosi o alterazioni dell’equilibrio mentale. Mi cimentai io e provai a dargli da bruciare una mistura di erbe molto potente contro le manifestazioni strane, senza nessun esito. Provai allora i rituali di purificazione della casa e ottenemmo un certo miglioramento, ma niente di definitivo. Decisi allora di fare un Richiamo agli spiriti superiori. Il richiamo è una pratica magica per avere l’ispirazione giusta, nel cercare la causa e il rimedio ai problemi. Riuscii a scoprire che ci trovavamo di fronte ad un maleficio di magia Macumba Nera, la magia di Exù, ovvero del diavolo. Questa è una delle peggiori vendette dato che porta la vittima alla rovina completa e alla pazzia. Dovetti dire al marchese che era impossibile neutralizzarla; bisognava rivolgersi ad un maestro iniziato all’Alta Magia Brasiliana. Purtroppo io ero sì un esperto in magia, ma quella delle nostre terre, e poi mi era sfuggita l’opportunità di iniziarmi alla magia brasiliana, dal momento che non ero potuto tornare a Rio. Gli parlai del Paj Jeronimo e decidemmo di recarci da lui, a cui lo avrei presentato. Partimmo qualche giorno prima di Pasqua e avevamo appena dieci giorni di tempo, per tornare a festeggiare la sacra ricorrenza con i nostri cari. Il Paj Jeronimo ci ricevette subito, appena seppe che ero io; evidentemente si ricordava di quella famosa sera! Appena fummo in sua presenza, dopo avermi baciato e abbracciato come un vecchio amico, mi disse: “Sei tornato per imparare la lezione! Prima però dobbiamo liberare questo uomo, nella cui casa abita ormai Exù”. Rimanemmo stupiti e turbati, dal momento che, non avendogli preannunciato neanche la nostra visita, figuriamoci il motivo, che però egli già conosceva a perfezione. Ci spiegò il caso. Secondo lui si trattava di una magia del diavolo, che gli era stata tirata da una persona nel campo del lavoro. Ci disse che gli. servivano diverse ore per toglierla e ci fissò un appuntamento per il prossimo mercoledì, sia per trattare il marchese sia per iniziarmi. Compresi che il santone mi stava aspettando e che occorreva cogliere l’occasione buona per essere iniziato, senza scoraggiarsi facilmente, come io avevo fatto. Andammo, come ci aveva detto il mercoledì, senza immaginare minimamente a cosa avremmo assistito. Venne lui stesso ad accoglierci: erano le dieci del mattino di una classica giornata carioca e notammo subito che non c’era la solita bolgia di persone bisognose. Ci aveva riservato una giornata solo per noi, per operare il misterioso rituale che avrebbe compiuto il prodigio. Chiamò subito tutti i suoi assistenti, che consistevano, come richiede il rituale Macumba, di sei donne con la mansione di cantare degli inni propiziatori che generalmente accompagnano tali magie, di due aiutanti con il compito di porgergli i vari strumenti, e di un suo stretto collaboratore, esecutore materiale del cerimoniale che il Paj ordinerà. Un Santone di grande levatura come il Paj Jeronimo, in genere, non compie mai in prima persona le operazioni obbligate! Si limita a pronunciare le formule magiche, che solo lui conosce, e ad imporre dei liquidi potentissimi sul paziente, per riabilitarlo. E’ tale il potere di questi uomini illuminati, che basta una formula da loro recitata per risolvere i casi più gravi. Ci accompagnò in un’ampia stanza, che aveva al centro un’apertura sul soffitto di forma quadrata, sì da permettere la vista del cielo, e, sotto questa apertura, era posta una specie di piattaforma rialzata da terra di una ventina di centimetri. Le donne si disposero da un lato di questo ripiano e cominciarono a cantare delle nenie, che, nella loro melodia, ripetevano i nomi di entità positive. Il Paj ci fece mettere sulla pedana con il sole in viso e ci disse che avrebbe annullato la grave magia, aggiungendo che anche io mi sarei dovuto sottoporre al rito, perché rischiavo di venire contagiato, oltre che per ottenere lo stato di purificazione necessario per “l’Iniziazione” alla Macumba. Gettò una grande quantità. di liquidi magici intorno a noi, tanto da creare il Cerchio Magico Protettivo; ai quattro angoli della pedana fece bruciare delle misture di erbe brasiliane, per propiziare gli Spiriti benevoli dell’Aria. Ad un tratto arrivò il suo collaboratore con sei galline bianche e delle ciotole di terracotta. Paj Jeronimo recitò una formula macumba contro il demonio. Appena ebbe finito, l’aiutante prese una gallina e la passò sul corpo del marchese e sul mio, strusciando in modo particolare le ali sulla testa, sul cuore e sulle spalle. Poi improvvisamente, tenendole il becco aperto, l’avvicinò alla nostra bocca e ci chiese di esprimere il nostro desiderio nel becco della gallina, la quale avrebbe provveduto a portare il messaggio alle Entità dell’aria. Subito dopo sgozzò le povere bestiole, con mio grande rammarico, dato il mio amore per ogni forma di essere vivente, facendo scolare il sangue dentro delle ciotole in cui fu versato un magico liquido e tutte le piume del petto e le ali delle galline. Storditi dai canti e dal rituale, il Paj ci condusse, me e il marchese, in una stanzetta segreta in cui erano un grande idolo rosso e nero e una miriade di offerte, ex voto e bottiglie e ampolle strane. Porse ad ognuno di noi una ciotola e ce la fece posare ai piedi della statua, dopo averla passata sulle nostre teste. Poi ci disse queste testuali parole: “Il Demonio ha ricevuto indietro il male che gli avevano commissionato; io l’ho ricacciato negli abissi e ora è innocuo come l’idolo che lo rappresenta in tutta la sua orridezza”. Un piacevole venticello tropicale ci rinfrancava dell’emozione subita, ma padre Jeronimo non ci permise sosta! Guidò il marchese con la sua mano sulla spalla in uno stanzino, collocò delle grosse pietre levigate intorno a una sedia e, dopo aver tracciato dei gesti che fendevano l’aria, disse ad alta voce una formula misteriosa. Subito, come mi raccontò il marchese dopo, questi si sentì come rinforzato di una nuova energia, che lo pervadeva, dandogli una profonda sensazione di sicurezza. Le pietre, disse poi il Paj, erano dei potenti magneti naturali del Rio delle Amazzoni, che avevano accumulato l’energia libera della foresta che, con opportuni riti, si poteva far trasmigrare nell’uomo. Mentre il marchese era in “carica” con le pietre, venne da me i1 caro Santone e mi fece entrare in un’altra stanzetta. Quella dimora sembrava un enorme dedalo di camere! Mi disse con occhi furbi e sereni, che mi avrebbe dato l’Iniziazione alla magia Macumba, che mi avrebbe trasmesso quella scintilla di energia necessaria per riuscire in questa. arte. E aggiunse: “Prima però che il mago sia iniziato, occorre che abbia una potente protezione sempre attiva, per domare qualsiasi tipo di maleficio gli venga fatto contro, e lo immunizzi dagli inevitabili attacchi che il demonio per vendetta sferrerà. Sapessi come il diavolo sarebbe contento di aggredirmi in questo momento per averlo ricacciato nell’Averno! Ma con il Rito dello Specchio, che mi praticarono e che ora farò anche a te il Signore non gli dà potere alcuno su di me”. Detto ciò, prese una grossa lama, simile ai nostri antichi rasoi da barbiere, completamente arrugginita, e disse che mi avrebbe fatto dei piccoli taglietti a croce sul dorso delle mani e dei piedi, sul cuore, sulle ginocchia e, per finire, sulla fronte, così da creare per me “l’effetto specchio” che avrebbe riflesso, appunto come uno specchio, il male contro gli stessi colpevoli. Ebbi seriamente paura di morire di tetano, ma lui intuì i miei pregiudizi e amorevolmente mi disse: “Quando fu praticato a me, c’era ben peggio di questa lama, che per te rappresenterà la fede in questa arte, in quanto, in virtù della magia, tu non sarai contaminato dal tetano; se così fosse, non esisterebbero più ‘Santeri’ per praticarla e risulterebbe vano il nostro potere”. Senza aspettare risposta, mi incise, facendo uscire una piccola goccia di sangue da ogni taglio, quindi prese una tazza contenente una profumata poltiglia di erbe, che mi spalmò su ogni taglietto, concluse il rito bagnandomi varie volte con dei liquidi profumatissimi, sempre pronunciando strani fonemi, il tutto accompagnato dai canti delle sue collaboratrici. Arrivò il sospirato e desiderato momento! Mi fece mettere dritto in piedi al centro di una stanzetta rivestita di teli bianchi dal soffitto al pavimento, con un lettino e una specie di altare pieno di statue di santi, sul quale erano posti dei grossi semi colorati di molti tipi, che lui definiva come gli apportatori della magica sapienza e il combustibile per operare magia ad alto livello. Disegnò un cerchio con Acqua Caricata, accese molte candele di tutti i colori e cominciò a grattugiare un grosso seme della grandezza di una bella noce. Mi spiegò in un secondo tempo che si trattava della “Obì”, un magico seme del Brasile! Ne ricavò una pappetta color marrone che, dopo molte preghiere, canti, e dopo averla impastata con delle polveri, mise al centro della testa, impastandomene i capelli. Dopo mi fasciò personalmente il capo con una lunga benda di lino bianca e mi disse: “Ora io ti segnerò la fronte con una cifra magica raffigurante il tuo spirito Guida, dopodiché ti addormenterai profondamente e ti sveglierai dopo un ora esatta, ormai carico di quel prezioso fardello che è il potere magico”. Figuriamoci il mio sciocco scetticismo! Erano circa le due del pomeriggio, ed io, che ho già serie difficoltà a dormire di notte, non riuscivo a capire come avrei dormito di giorno, se mai in vita mia era successo. Fece uscire tutti, rimanemmo io e il mio Santone, il quale mi mise il pollice sulla fronte con un rapido gesto, quindi uscì. Appena lui fu uscito, io caddi non in un sonno, ma in una sorta di celeste letargo, per svegliarmi poi, come Padre Jeronimo sapeva ed aveva affermato, un’ora dopo. Mi resi conto una volta per tutte che dovevo più rispetto al Santone e che d’ora in avanti non avrei più messo in dubbio le sue parole, cosa che fu facile negli anni seguenti, dati i casi importanti che risolse a persone presentategli da me. Mi convocò per il giorno seguente, per svelarmi altri segreti della magia e per donarmi un libro, che mi avrebbe permesso di praticare la Macumba. Il giorno seguente mi insegnò personalmente delle pratiche magiche sia per liberare dal male le persone, che per potermi caricare prima di ogni cerimoniale. Mi sembra giusto rispettare il giuramento impostomi di tenere segreti i particolari. Mi diede infine un libro importantissimo, contenente tutte le dottrine della Macumba, dalla previsione fino all’operare magia e, cosa che mi commosse, un potente talismano, molte volte risultato preziosissimo che, oltre a me, ha dato felicità a molte persone mie clienti. E’ il potente Triangulo dei sette occhi di Cristo, mentre il testo è Come dessolver la medianidade. Mi confidò comunque che di li a qualche tempo sarei tornato spesso in Brasile, e che mi avrebbe di nuovo aspettato. Infatti, ogni anno ancor oggi vado in Brasile dalle tre alle quattro volte, sia per rifornirmi di materiali, che lì sono potentissimi e garantiti autentici, sia per presentargli dei casi intrattabili in Italia. Non nego comunque che ogni volta “rubo” qualche insegnamento importante al mio caro Paj, che mi ricolma di preziosi consigli. Una cosa che però voglio particolarmente ricordare è un sortilegio di magia Macumba bianca, che mi è servito tante e tante volte in svariati casi di sfortuna e di depressione. Lo consigliò a me e al famoso marchese, prima che ce ne andassimo. Consiste nel macinare una Obì piccola, diluirla con della normale acqua e berne un bicchiere la mattina e la sera, riempendola di nuovo con la stessa pasta tre volte di seguito. Con la polpa avanzata poi ci si deve fare una doccia, evitando di passarla sul capo, cantilenando un ritornello magico potentissimo, per sentirsi ricaricati di una nuova potente forza e di fortuna.
Ritornato in Italia, un pò per la trasmissione che riscuoteva successo, un pò per la bontà della gente, mi trovavo sommerso di appuntamenti, tanto da prendere in considerazione la possibilità di aprire un centro magico esoterico a Roma, dal momento che non riuscivo ad avere più respiro nella casa dei miei, dove abitavo. Valutai varie proposte e decisi che il quartiere Appio potesse fare al mio caso. Dopo aver molto lavorato, all’inizio di giugno del 1984, lo aprii.
Negli anni che abbiamo rivisitato insieme mi ero avvicinato anche alle tecniche dello Yoga. Mi ero interessato a queste dottrine indiane leggendo un importante libro di un grande Guru Indiano, Sri Paramahansa Yogananda. Il libro è “Autobiografia di uno Yogi” ed è una valida guida per tutte le persone che volessero comprendere il modo di vivere di questi illuminati, oltre a percorrere poi il sentiero dello Yoga, dottrina riconosciuta come una delle poche, che fanno arrivare all’autorealizzazione e alla conoscenza di Dio. Io personalmente vi trovai varie risposte a miei vecchi dubbi religiosi che in passato mi avevano incuriosito; la cosa però che ricordo con maggiore simpatia è che io, mentre leggevo quel testo, mi trovavo a Los Angeles e scoprii che il Grande Guru aveva lì la sua Casa Madre, fondata dopo la seconda guerra mondiale; ora lì Lui riposa incorrotto nel corpo dal 1954, anno del suo Samhadi (unione estatica con Dio dopo la morte). Nell’agosto 89, recatomi a Los Angeles, ho potuto finalmente realizzare il sogno di andare in pellegrinaggio alla cripta che ospita il corpo dell’amato Guru Paramahansaji. Lì ho pregato e ho chiesto la sua guida per la mia vita spirituale. Non si possono spiegare certe sensazioni, ma ebbi l’immediata certezza di averla ricevuta insieme alla sua benedizione.
Essendo così arrivato agli ultimi anni della mia storia voglio raccontare un episodio che mi tolse un grande dubbio da cui ero stato sempre tormentato. Secondo quanto avevo letto e quello che mi era stato insegnato, ogni persona che si dedica all’Alta Magia dovrebbe obbligatoriamente avere avuto fra i suoi antenati un Mago, dal momento che, chi si avventura ad alti livelli nel campo, ha bisogno di questo requisito, mentre, per esempio, per praticare quello che più avanti spiegherò, basta avere un pò di fede. Non voglio essere presuntuoso, difetto che credo proprio di non avere, ma ritengo di essere stato predestinato a percorrere la strada dell’A1ta Magia, sia per gli insegnamenti ricevuti dal Sor Giovanni, sia per la potente Iniziazione del Paj Jeronimo e tuttavia non mi risultava di avere antenati del genere. Nel 1987, verso novembre, mio padre mi chiese se potevo accompagnarlo al suo paese natale, Montelapiano, un piccolissimo borgo arroccato su un monte prospiciente la Valle del Sangro, nella bella provincia di Chieti in Abruzzo. Ci mettemmo in viaggio io lui e Paolo, un mio amico. Appena arrivati, come è consuetudine nei paesi dell’entroterra abruzzese, dovemmo fare il giro di tutti i parenti per salutarli. Dopo vari convenevoli e molti caffè, una vecchia zia di mio padre, zia Antonietta, cognata di mio nonno, avendone sposato il fratello, mi abbracciò e mi disse: “Tu hai preso tutto di tua nonna Carmela”. Io sulle prime non capii e le chiesi in che senso; mi rispose molto evasivamente, dicendo soltanto che la nonna Carmela, nonna paterna di mio padre, era stata famosa alla sua epoca perché ne aveva combinate di tutti i colori e poi sviò il discorso. Avevo capito che non aveva voglia di dire altro, quasi fosse intimorita dal discorso, in cui mi sembrava di percepire c’entrasse la magia. Andai allora a trovare un’altra zia per cercare di saperne di più; lei si mostrò subito restia a parlare di quella parente (come la chiamò lei), ma si lasciò scappare che non era stata proprio una maga buona, e che spesso faceva il malocchio ai greggi su commissione, tanto da generare paura nelle persone. Un mio zio, lo zio Bonifacio, figlio di nonna Carmela, arrivò a dirmi, forse ignorando che sapevo essere lui il figlio, di non avere neanche conosciuta la nonna Carmela, mentre, essendo lei morta nel 1964, l’aveva frequentata almeno per cinquanta anni. Mi sembrava tutto uscito da una novella medievale di streghe, tanto era il timore e la paura che invadeva gli interpellati solo a nominarla. Mio padre dopo tanti indugi, mi spiegò che era stata una donna con molti poteri, ma votata al male. Allora compresi tutta la mia situazione genealogico-magica; infatti, come avevo sempre saputo, lo spirito di un antenato che aveva usato il male per i suoi scopi, avrebbe saltato una generazione, e avrebbe poi trasmesso i poteri a un suo discendente, per riscattare il male da lei fatto, con la magia bianca, e ritrovare la pace. Così scoprii che non ero un’eccezione fra i maghi, perché anch’io avevo un’antenata del ramo, purtroppo non propriamente santa, che mi aveva donato tali poteri, fortunatamente, grazie ai miei Maestri, volti soltanto al Bene.