IL NUOVO TESTAMENTO

 

La nascita del messia

Matteo ha una forte attenzione alle radici ebraiche di Gesù ed è confermata dalla narrazione che segue, quella della natività (capp. 1 e 2). (Ricordate: non c'è alcun racconto della nascita di Gesù in Marco.) Ciò che colpisce di più forse nel resoconto che ne dà Matteo è il fatto che tutto accade secondo i piani di Dio. Lo Spirito santo è responsabile della gravidanza di Maria, un angelo sceso dal cielo allevia i timori di Giuseppe. Questa concezione avvera una profezia contenuta nelle Scritture ebraiche (1,13). E cosi, in pratica, per tutti gli altri avvenimenti della narrazione: la nascita di Gesù a Betlemme (a,6), la fuga in Egitto (2,14), la strage degli innocenti voluta da Erode (1,18) e la decisione di stabilirsi a Nazareth. Queste storie sono presenti solo in Matteo. Per Matteo Gesù rappresenta il compimento della Scrittura e questo gli preme enfatizzare non soltanto nelle storie della natività, ma un po', ovunque nel libro. In undici diverse occasioni (fra cui quelle appena citate), Matteo si serve di una serie di frasi che gli studiosi talvolta chiamano “citazioni di compimento”. Le formule di queste citazioni possono variare, ma suonano all'incirca cosi: << questo è accaduto per compiere quanto detto dal profeta». In ogni occorrenza, Matteo cita il passo della Scrittura che ha in mente, per dimostrare che Gesù è il tanto atteso messia degli ebrei. Queste citazioni non trovano riscontro in Marco, e nemmeno negli altri. Sono presenti solo in Matteo. Ancor più del suo predecessore, quindi, Matteo è esplicito: Gesù è il compimento delle Scritture ebraiche. E lo è, per lui, in due modi diversi, di cui il primo facile da capire. I profeti ebraici, di tanto in tanto, avevano fatto profezie sul futuro messia. Secondo Matteo, Gesù compiva queste predizioni. Per esempio, Gesù era nato a Betlemme, perché così aveva predetto il profeta Michea (z,6), e sua madre era una vergine, cosi infatti aveva predetto il profeta Isaia (1,13). Il secondo modo è un po' più complicato. Matteo rappresenta alcuni eventi-chiave della Bibbia ebraica come presagi di quanto sarebbe accaduto con la venuta del messia. Il significato di questi antichi avvenimenti non era compiuto finché non si fosse verificato quanto da essi preannunciato. Quando ciò accadeva, l'avvenimento era “compiuto”, cioè “colmato di significato”. Nella narrazione della natività, per esempio, Matteo indica che la famiglia di Gesù fu costretta a fuggire in Egitto per scampare all'ira di Erode: <<Dall”Egitto ho chiamato mio figlio» (z,15). La citazione è tratta da Os 11,1 e in origine era riferita all'esodo dei figli di Israele dalla loro schiavitù in Egitto. Per Matteo, Gesù riempie di significato questo avvenimento. La salvezza offerta ai figli di Israele era parziale, se si guarda avanti al tempo che verrà quando sarà completa. Con Gesù, il messia, ora questo è avvenuto. Comprendere il secondo modo in cui, per Matteo, Gesù rappresenta il compimento delle Scritture ci aiuta a capire alcuni aspetti dei capitoli iniziali del Vangelo di Matteo (capp. 1-5), che hanno suscitato a lungo l'interesse degli studiosi. Pensate ai seguenti avvenimenti nel loro disegno approssimativo e domandatevi che effetto potevano avere su un ebreo del I secolo che avesse familiarità con le Scritture ebraiche. Un bambino nasce miracolosamente da genitori ebrei, ma un crudele tiranno del luogo (Erode) e intenzionato a distruggerlo. In Egitto il bambino viene protetto dall'arcangelo Gabriele mentre vagano nel deserto. Il Discorso della Montagna è come la Legge che Mosè ha rivelato sul Monte Sinai. Questi parallelismi ci rivelano qualcosa di importante sul ritratto che Matteo fa di Gesù. Di sicuro, concorda con Marco sul fatto che Gesù sia il Figlio di Dio sofferente, il messia, ma qui Gesù è anche il nuovo Mosè venuto per liberare il suo popolo dalla schiavitù (dei peccati, 1,11) e per dargli la nuova Legge, i suoi insegnamenti. Abbiamo visto come fra i giudei del I secolo ci fossero aspettative diverse in merito al futuro liberatore. Molti speravano in un futuro re come Davide, che avrebbe condotto il suo popolo alla vittoria militare sugli oppressori e avrebbe fondato uno Stato sovrano in Israele, la Terra promessa. Altri aspettavano con ansia l'apparizione dal cielo di una figura cosmica, che venisse a giudicare la terra. Altri, infine, attendevano con impazienza un sacerdote autorevole, che guidasse la comunità grazie all'interpretazione ispirata da Dio della Legge mosaica. Un'altra forma che questo liberatore finale a volte assumeva può essere di particolare rilevanza per capire il ritratto che Matteo da di Gesù. Alcuni ebrei speravano che avesse l'aspetto di un profeta come Mosè, il quale non solo aveva salvato Israele dai suoi oppressori - gli Egizi che li avevano tenuti in schiavitù per quattrocento anni -, ma che aveva dato la Legge di Dio al suo popolo. Secondo le antiche tradizioni, anzi, Mosè stesso aveva detto che ci sarebbe stato un altro profeta come lui che sarebbe emerso fra il suo popolo (Dt 18,15-19). La speranza in una figura messianica come Mosè, qualcuno scelto da Dio per portare la salvezza e indicare una nuova strada, era assai diffusa fra alcuni ebrei del I secolo. In seguito alcuni cristiani sosterranno che bisogna scegliere tra Mosè e Gesù. Matteo, però, non la pensa così. Per lui bisogna scegliere tra Mosè senza Gesù e Mosè con Gesù. Per lui, la falsa religione rifiuta Gesù, proprio perché Gesù è il nuovo Mosè, che non sostituisce quello antico; al contrario, il nuovo Mosè è l'interprete autentico e finale di ciò che quello antico ha tramandato con la sua Legge. Anche Gesù da una Legge divina in questo Vangelo, ma per Matteo questa legge non è in contrasto con la Legge mosaica, bensì ne rappresenta il compimento (5,17). I seguaci di Gesù devono osservare la Legge, non abbandonarla; devono osservarla alla luce delle indicazioni del nuovo Mosè, Gesù il messia. Come il profeta Mosè aveva dovuto subire l'ostilità e il rifiuto da parte di chi non riconosceva la sua grandezza, al pari di tutti i profeti delle scritture ebraiche, secondo Matteo, cosi anche Gesù è costantemente vittima degli attacchi da parte dei leader del suo popolo. Abbiamo già visto questo Leitmotiv del rifiuto di Gesù in Marco. Sotto molti aspetti, però, in Matteo tanto l'ostilità, quanto la reazione di Gesù, sono ancora più accentuate: Gesù accusa i suoi nemici di attribuire più valore alle tradizioni che alla Legge di Dio, per i loro propositi malvagi, ma soprattutto li accusa di ipocrisia, cioè conoscere e insegnare ciò che è bene, ma non metterlo in pratica.

 

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