IL NUOVO TESTAMENTO

Gesù e la legge

Il compimento della Legge

Qual 'è dunque il reale scopo della Legge? Un indizio sulla risposta che Matteo da a questa domanda la troviamo già nel Discorso della Montagna e nella famosa Regola aurea che pronuncia Gesù. Gesù non era l'unico a dare linee-guida in materia di comportamento, altri maestri antichi avevano detto lo stesso, ma la sua particolare formulazione è la più istruttiva: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (7,11). Il punto chiave del periodo è nel finale l'intera Legge con tutti i suoi comandamenti può riassumersi in questo semplice principio: tratta gli altri nello stesso modo in cui vuoi che gli altri trattino te. Per il Gesù di Matteo la vera interpretazione della Legge non richiede descrizioni minuziose di come osservare scrupolosamente ogni singolo comandamento; comporta un amore per gli altri pari a quello per sé. Il principio si incontra anche in altri passi del Vangelo di Matteo, in modo evidente in 21,35-40, dove, rispondendo alla domanda di un «dottore «della Legge» (in sostanza, un esperto di Legge ebraica), Gesù riassume l'intera Torah in due soli requisiti fondamentali: «Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» e «Amerai il tuo prossimo come te stesso>> (Lv 19,18). La storia la ritroviamo anche in Marco, Matteo però aggiunge un finale diverso: «Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Per Matteo, dunque, il cuore dell'intera Legge e un comandamento di amore verso Dio con tutto il proprio essere e verso il prossimo come verso se stessi. Questo è il vero intento della Legge, e i seguaci di Gesù devono osservarlo se vogliono entrare nel regno dei cieli. L'insistenza con cui Gesù pretende l'osservanza della Legge dai suoi seguaci solleva un altro problema. Le leggi che abbiamo esaminato fino ad adesso, per esempio, nelle antitesi e nella Regola aurea, nel mondo antico non sarebbero state viste come una peculiarità degli ebrei. La maggioranza dei Romani sarebbe stata d'accordo su principi come non uccidere o non desiderare la donna d'altri o non infliggere punizioni ingiuste. Ma che cosa succedeva nel caso di leggi giudicate peculiari del popolo ebraico, per esempio, le leggi sulla circoncisione, l'osservanza del sabato e le norme di purità in fatto di alimentazione? Sappiamo da altre fonti che, all'epoca in cui Matteo componeva il suo Vangelo, queste non erano seguite da molti gentili convertiti al cristianesimo. Anzi, come vedremo più avanti, quando  arriveremo alle lettere di Paolo (che furono scritte prima di Matteo e degli altri Vangeli), erano molti i cristiani, fra cui Paolo stesso, a sostenere che i credenti gentili non dovevano seguire queste leggi. E allora Matteo? Pensa che Gesù abbia radicalizzato queste leggi come gli altri? Il Gesù di Matteo si aspetta che i suoi seguaci le osservino? Matteo non affronta mai il problema in modo aperto. Alcune questioni però sono chiare. La prima è che in Matteo Gesù non rinnega nessuna di queste leggi, né istruisce i suoi seguaci a farlo. Inoltre, in diversi passi assenti in Marco, Gesù sembra affermare alcuni aspetti della devozione tradizionale ebraica. Per esempio, condanna il modo ipocrita in cui i farisei fanno la carità, pregano e digiunano, ma ribadisce l'importanza di mantenere queste pratiche. Un atteggiamento analogo lo riscontriamo nei cambiamenti che Matteo introduce nelle storie desunte da Marco. Per esempio, nel discorso apocalittico di Marco, Gesù parla di un disastro imminente e dice ai suoi discepoli di pregare << che ciò non accada d”inverno>> (perché sarebbe più difficile fuggire; Mc 13,18). Il fatto interessante è che Matteo riprende questo versetto, ma ci aggiunge le parole << o di sabato» (Mt 14,20). Perché? A quanto pare, perché, per Matteo, di sabato ai discepoli di Gesù, visto che osservavano la Legge, era proibito fare un viaggio lungo. Tutti questi esempi lascerebbero pensare che Gesù in Matteo non voglia che i suoi discepoli abbandonino le forme tradizionali di devozione, così come sono radicate nella Torah. Parte solo dal presupposto che, nella maggioranza dei casi, le rispetteranno se osserveranno la Legge nella sua interezza.

 

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