IL NUOVO TESTAMENTO

Gesù rifiutato dai leader del giudaismo
Uno degli aspetti forse più sorprendenti del Vangelo di Matteo appare chiaro quando mettiamo a confronto la forte affermazione che Gesù da della Torah con la strenua opposizione delle autorità ebraiche. Da un lato, Gesù è raffigurato come ebreo. É il messia di Israele mandato dal Dio degli ebrei al popolo ebraico a compimento delle Scritture ebraiche. Anche il nuovo Mosè, che dà l'interpretazione vera della Legge mosaica. Dall'altro lato, si oppone con violenza al giudaismo così come in questo Vangelo è configurato fra i leader ebraici. In modo quasi paradossale, dunque, in questo Vangelo Gesù comanda ai suoi discepoli di seguire la religione ebraica come dovrebbe essere (ovvero come lui la interpreta), mentre li spinge a rifiutare le autorità ebraiche, che sono raffigurate come ipocrite, contrarie a Dio e al suo popolo. L'ipocrisia dei leader ebraici era suggerita nella storia dei Magi. Si ritrova anche nel Discorso della Montagna, dove gli <<ipocriti> pregano, fanno l'elemosina e digiunano soltanto per apparire sacri agli occhi degli altri ed essere riveriti, non per una vera devozione a Dio (6,1-8). Sono storie, queste, che compaiono soltanto in Matteo. La stessa importanza si può vedere anche nelle storie che Matteo ha desunto da Marco. Lo potete verificare da soli mettendo a confronto, per esempio, le storie di Matteo 12 con quelle di Marco 1,1-3,6. Le controversie di Gesù con i suoi oppositori subiscono un crescendo che raggiunge il suo climax nei capitoli 11-23, dove è Gesù ad aprire l'offensiva. Come in Marco, Gesù “fa pulizia” nel Tempio (Mt 21,12-13), suscitando le ire delle autorità. In Matteo, però, s'infiammano soprattutto quando vedono che guarisce ciechi e storpi e i bambini lo acclamano come figlio di Davide (21,14-15; si trova solo in Matteo). Gesù risponde alla loro indignazione citando il libro dei Salmi: «Dalla bocca di bambini e di lattanti / hai tratto per te una lode>> (21,16). Nonostante abbiano assistito ai suoi miracoli, i capi ebraici si rifiutano di credere. Non solo, ma attaccano Gesù mettendo in discussione la sua autorità (21,23). Per tutta risposta, Gesù racconta una parabola (che si trova solo in Matteo) di un padre con due figli, uno dei quali disse che avrebbe fatto quanto il padre aveva ordinato, ma non lo fece, e l'altro disse che non l'avrebbe fatto, ma poi lo fece (21,18-31). Gesù assimilai suoi oppositori a chi è d'accordo su qualcosa, ma poi non la fa. E termina proclamando che i peggiori peccatori - i pubblicani e le prostitute - entreranno nel regno dei cieli prima di loro (21,31). Il suo attacco continua nella parabola che segue e raggiunge il culmine nel capitolo che contiene i sette «Guai a voi» contro i farisei. Qui Gesù condanna i suoi nemici, gli « scribi e i farisei» in maniera inequivocabile: si preoccupano solo degli onori e dell'ammirazione, non di fare ciò che e giusto davanti a Dio; sono ipocriti, guide cieche interessate alle minuzie, non a ciò che è importante; sono sepolcri imbiancati, puliti fuori, ma pieni di marciume e corruzione dentro; razza di vipere sono, assassini dei giusti profeti di Dio, false guide che spargono sangue innocente.

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