Matteo e i suoi lettori
Sulla base del ritratto di Gesù che emerge da questo Vangelo, possiamo azzardare qualche ipotesi sul contesto dell'autore e sul suo pubblico. L'insistenza di Matteo sull'osservanza di Gesù alle forme tradizionali della religione ebraica e sulla sua interpretazione vera della Legge di Mosè induce a ritenere che l'autore stesso e parte, forse la maggiore, del suo pubblico fossero ebrei . Ai non ebrei interessava così tanto vedere Gesù nei panni di un rigoroso maestro ebreo intenzionato a osservare la Legge e a far si che i suoi discepoli facessero altrettanto? Per i cristiani ebrei, invece, questa importanza sembra piuttosto comprensibile. Inoltre, la fede in Gesù non richiedeva che si abbandonassero le tradizioni ancestrali che discendevano da Mosè. Al contrario, Gesù mostrava come interpretare queste tradizioni e imponeva ai suoi discepoli di seguirle. Allo stesso tempo, dev'esserci stato un discreto numero di gentili nella cerchia di Matteo. Il che spiegherebbe perche Gesù dichiari che molti estranei entreranno nel regno dei cieli prima dei giudei, come la “grande commissione”, che incitava l'opera missionaria soprattutto fra i gentili. In breve, la cerchia di Matteo sembra mista, composta di ebrei e gentili. Molti studiosi hanno pensato che sia sensato collocarla da qualche parte nei pressi della Palestina, in una delle principali aree urbane (dove era possibile che molti ebrei e gentili si aggregassero), per esempio, ad Antiochia, in Siria, da dove provengono gli autori del II secolo che per primi citano Matteo. Forse l'atteggiamento così critico che Matteo ha nei confronti delle autorità ebraiche si spiega meglio ipotizzando che la sua stessa cerchia abbia continuato a subire l'opposizione degli ebrei non cristiani, soprattutto da parte di scribi e rabbini importanti della sinagoga locale (o delle sinagoghe locali), che li accusavano di aver abbandonato Mosè e la Legge, di apostasia della religione ebraica con quella loro sconsiderata fede in Gesù. Matteo, un leader anonimo ebreo del gruppo cristiano (immaginiamo che le sue grandi doti letterarie, indicative di un'istruzione superiore, gli avevano garantito un ruolo preminente all'interno del gruppo stesso), scrisse una narrazione evangelica per dimostrare che Gesù in realtà era il messia di Israele, che come Mosè aveva dato la Legge di Dio al suo popolo. Più precisamente, Gesù era un profeta come Mosè, che aveva dato al popolo ebraico l'interpretazione vera della Legge di Mosè, e inoltre era un Salvatore che era morto per i peccati del suo popolo e fu vendicato da Dio con la resurrezione. Matteo arrivava ad affermare con molta più forza dei suoi predecessori, Marco e Q, che Gesù non annullava l'antica Legge di Mosè, ma la portava a compimento e incitava tutti i suoi discepoli, ebrei e gentili, a fare altrettanto. Come? Bisognava attenersi agli insegnamenti di Gesù e seguire il principio che era al cuore della Torah, consegnato nel lontano passato a Mosè, il predecessore di Gesù: amare Dio con tutto il loro essere e il prossimo come loro stessi, perché << da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».