Vangelo di Luca: Introduzione
Il Vangelo di Luca non è che il primo volume della sua opera, gli Atti degli Apostoli costituiscono la seconda tavola del dittico, inseparabile dalla prima. L’intenzione di Luca era quella di offrirci un resoconto ordinato (Lc 1, 3), mostrando come la buona novella iniziata in Galilea “dopo il battesimo predicato da Giovanni” (At 10,37) si sia poi diffusa “fino all’estremità della terra” (At 1,8). Vogliamo ripercorrere l’itinerario spirituale di Luca e la sua riflessione, nello sforzo che ha fatto di coordinare il suo Vangelo in una certa maniera. Infatti gli evangelisti non adoperano a capriccio il materiale (narrazioni, lettere, manoscritti riguardanti la vita di Gesù) che hanno a disposizione, disponendolo in una maniera o in un’altra; lo fanno intenzionalmente, perché hanno delle finalità che essi raggiungono proprio nell’adattare, nello strutturare in una determinata maniera il materiale evangelico preesistente. È di qui che nasce la “teologia” di Luca, di Marco, di Matteo e di Giovanni, ossia la spiritualità di ciascuno degli evangelisti. Alcuni definiscono il Vangelo di Marco: “Vangelo del catecumeno”, perché ha lo scopo di aiutare chi viene introdotto alla fede e si appresta a diventare in un certo senso un discepolo del Signore. Il Vangelo di Matteo, invece, è il “Vangelo del catechista”, cioè il Vangelo per aiutare colui che deve introdurre altri alla fede. Il Vangelo di Luca, invece, è il “Vangelo del discepolo” di Cristo, vale a dire di colui che ha intrapreso a seguire Gesù e lo vuol seguire nonostante tutto. Molti sono gli elementi che avvalorano questa intenzione di Luca, per esempio, quel detto che è riportato soltanto nel suo vangelo: “Chi mette mano all’aratro e poi si volge indietro non è adatto per il regno di Dio” (Lc 9,62). Non basta intraprendere, non basta fare un bel tratto di strada, bisogna andare fino in fondo senza pentimenti. Un altro elemento importante per capire il ruolo del “discepolo” è dato dalla “grande inserzione” lucana, che va dal capitolo 9,51 fino al capitolo 19,28. Questo blocco letterario caratteristico di Luca, descrive il viaggio di Gesù a Gerusalemme, quasi a dire che chi crede in Cristo deve percorrere questo “faticoso” itinerario che culmina in Gerusalemme, cioè la città del sacrificio e della morte. Nella prospettiva lucana il discepolo di Cristo è colui che “segue” il Maestro ovunque egli vada, fino al martirio, se è necessario.
L’autore
Chi ha scritto questo vangelo? Questo scrittore è quel Luca di cui parlano le lettere di Paolo (Cl 4,14; Fm 24; 2 Tm 4,11)? La tradizione antica, da Ireneo di Lione (Adv. Haer, III,1,1; 14,1) alla fine del II secolo, non ha dubbi al riguardo. Altri antichi documenti e scrittori ci danno informazioni ancora più precise: Luca è originario di Antiochia di Siria, medico di professione, celibe, discepolo degli apostoli e compagno di Paolo. Questa concordanza della tradizione antica nell’attribuire a Luca il vangelo si può spiegare con la tendenza a collocare gli scritti canonici sotto l’autorità degli apostoli o dei discepoli degli apostoli. Luca è quel discepolo anonimo che racconta negli Atti alcuni episodi in prima persona durante il secondo e terzo viaggio di Paolo (At 16,10-17; 20,15-21,18; 27-28,16). Infatti fra tutti i compagni di Paolo soltanto Luca può aver composto quelle sezioni in prima persona che sono imparentate, per vocabolario e stile, con il resto degli Atti. In breve quel discepolo compagno di Paolo è l’autore degli Atti. Ora Vangelo e Atti formano chiaramente un’opera unitaria; dunque Luca è l’autore del vangelo. Si tratta di un cristiano convertito dal paganesimo, o forse meglio di un giudeo-ellenista convertito; così si spiegherebbe meglio la sua familiarità con la Bibbia nella versione greca liturgica. Egli ha alle spalle un’esperienza missionaria vissuta con Paolo e Barnaba. Nei suoi viaggi, che lo hanno portato a contatto con le chiese più importanti (Gerusalemme, Antiochia, Efeso, Cesarea, Roma), ha potuto avere informazioni di prima mano. È venuto a contatto con la tradizione evangelica più antica; forse ha potuto conoscere anche il vangelo di Marco (a Roma). Di questo materiale Luca si e servito per comporre il suo vangelo. Egli è dunque debitore al testo di Marco, come documento fondamentale, a una tradizione che gli autori indicano con la sigla Q (quelle, fonte), che comprendeva una serie di piccole raccolte a forma di trattati o cicli di tradizioni evangeliche, alle quali fa riferimento anche il vangelo di Matteo; e infine altre tradizioni orali e scritte dei circoli giudeo-cristiani e di altri ambienti cristiani. Fra questi la tradizione giovannea, con la quale Luca ha particolari affinità tematiche.
Il contenuto
La figura di Gesù tratteggiata da Luca è ricca e articolata e, ovviamente, nelle sue linee fondamentali è comune anche agli altri vangeli. Tuttavia ci sono sottolineature particolari, come ad esempio l’universalità, la predilezione per i poveri, la misericordia e il perdono. Uomo di chiesa e di tradizione, Luca è anche uomo dai vasti orizzonti e di delicata sensibilità, specialmente nei confronti dei peccatori, degli emarginati, dei pagani e dei poveri.
Mario D'Amelio
Esoterista