IL NUOVO TESTAMENTO

Marco e i suoi lettori

Che cosa possiamo dire dei probabili lettori originali? Chiaramente, non molto. Tutte le nostre prove sono rappresentate dal Vangelo stesso e le conclusioni cui si può giungere su basi così labili sono inevitabilmente ipotetiche. Ciò nonostante, abbiamo alcune indicazioni interessanti sia sui primi lettori, sia su quale fosse il principale obiettivo che Marco si proponeva. A quanto pare, i primi lettori di questo Vangelo sono stati i cristiani della cerchia di Marco, la cui maggioranza, essendo analfabeta, “leggeva” il Vangelo in pratica ascoltandolo leggere a voce alta. Evidentemente risiedevano fuori dalla Palestina e la loro lingua madre era con ogni probabilità il greco. Ci sono indizi nel Vangelo che la maggior parte di loro si era convertita al cristianesimo dalla religione pagana, non dal giudaismo; il più interessante si incontra in 7,3-4, quando Marco deve spiegare l'usanza farisaica di lavarsi le mani prima di mangiare secondo la tradizione. Se il suo pubblico fosse stato composto di ebrei, avrebbero conosciuto già questa usanza e Marco non avrebbe dovuto spiegarla. La cosa ancora più interessante è che Marco sembra a sua volta non conoscerla tanto bene: sostiene che era seguita da «tutti i giudei». Dalle fonti giudaiche antiche sappiamo invece che non era affatto così. Per questo, molti studiosi sono arrivati alla conclusione che Marco stesso non fosse ebreo. Molte delle tradizioni di Marco, comunque, sono volte a dimostrare il carattere ebraico di Gesù e sembrano presupporre credenze e pratiche di stretta osservanza giudaica. Come possiamo spiegarlo? Molte delle tradizioni orali che si incontrano in questo Vangelo devono risalire ai primi seguaci ebrei di Gesù, che le incorporavano alle proprie convinzioni. Il carattere ebraico quindi sopravvisse anche al processo di trasmissione cui le storie andarono incontro. Marco e molte persone della sua congregazione (alcuni di loro giudei ?) si convertirono alla fede in Gesù, che comportava necessariamente la conversione alla religione di Gesù, cioè il giudaismo. Anche loro quindi finirono per venerare il Dio di Israele e per vedere in Gesù il messia, la cui morte portava salvezza non solo agli ebrei ma al mondo intero. Forse questa comunità ha continuato ad avere uno scontro aperto con una sinagoga locale che rifiutava attivamente le affermazioni su Gesù di questi cristiani. Forse questo scontro si fece a tratti aspro. Ciò spiegherebbe per quale ragione Marco metta tanto in risalto l'incomprensione dei leader ebrei, i farisei soprattutto, nei confronti di Gesù, e il caro prezzo da pagare per seguirlo. Per Marco seguire Gesù non è un biglietto della lotteria, semmai è il cammino verso la sofferenza; essere un discepolo non porta all'esaltazione, bensì all'umiliazione e al dolore. Marco precisa, comunque, che la sofferenza non durerà per sempre. Non durerà neanche a lungo. Cosi come Gesù è stato vendicato, lo saranno anche i suoi fedeli seguaci. La fine era vicina (9,1). Quest'idea potrebbe essere stata ispirata a Marco dall'attualità molti studiosi ritengono che il Vangelo sia stato scritto durante le prime fasi della guerra giudaica contro i Romani (66-7o e.v.), che terminò con la distruzione del Tempio. Forse questa guerra segnava l'inizio della fine, che secondo Gesù si sarebbe verificata durante la vita di alcuni dei suoi discepoli (cfr. 8,38-9,1 e l'intero cap. 13)? Certamente, per la cerchia di Marco, il Figlio dell'uomo era alle porte, pronto a fare la sua comparsa. Quando il Figlio dell'uomo sarebbe arrivato, chi si vergognava delle parole di Gesù sarebbe stato oggetto di vergogna; quelli che accettavano le sue parole ed erano diventati suoi seguaci sarebbero entrati nella gloria. Proprio come il Gesù di Marco non riesce a comprendere fino in fondo il significato della propria crocifissione, cosi la comunità cristiana, che al momento stava subendo una prova così dolorosa, poteva ignorarne il significato profondo. Ma alla fine il loro dolore avrebbe condotto alla redenzione. Questo e soltanto uno dei paradossi del Vangelo di Marco. La storia di Gesù che Marco ci racconta è piena di paradossi del genere. Il glorioso messia e qualcuno che va incontro a una morte ignominiosa. L'esaltazione viene nel dolore. La salvezza attraverso la crocifissione. Per guadagnarsi la vita, bisogna perderla. I più grandi sono i più umili. I più potenti sono gli schiavi. La ricchezza non e una benedizione, ma un impedimento. Abbandonare la propria casa, il proprio campo, la propria famiglia porta centinaia di case, di campi e di famiglie. I primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi. Sono lezioni, queste, che mirano a dare speranza a una comunità che soffre sotto la pressione dei disordini sociali provocati dalle persecuzioni. Sono parole che hanno particolarmente senso per chi sa che il suo messia, il Figlio di Dio, è stato rifiutato, deriso e ucciso, solo per essere vendicato da Dio, che l'ha fatto risorgere.

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